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Le leggi del desiderio: se la ricetta della felicità risulta un po’ indigesta

imagesÉ sempre meglio partire prevenuti, ancor meglio se un po’ disfattisti. Sì, perché se parti così, qualunque cosa accada poi, qualunque cosa che sia un pochino meglio di come te l’aspettavi, ma anche soltanto un pochino, quella cosa ti stupisce in positivo. É quel che può succedere con Le leggi del desiderio, l’ultimo film di Silvio Muccino. Vedi il trailer, ti aspetti un’americanata un po’ trash sui poteri segreti del life coaching, e poi ti ritrovi tra le mani il solito filmetto italiano di buoni sentimenti, la solita storia d’amore di grandi gesti, grandi sguardi e frasi ad effetto. E quasi ne resti soddisfatto: ti senti a casa, e ne sei sollevato. Muccino non tradisce. Dietro la storia del motivatore di professione, dietro l’uomo che insegna a vincere, a raggiungere soldi, lusso, successo, a plasmare il proprio carattere e il proprio corpo pur di ottenere qualunque cosa, dietro un uomo che sa come trionfare sempre e comunque e che non si fa scrupoli a sbattertelo in faccia con una tracotanza un po’ grottesca, dietro tutto questo ci sta un cuore tenero, un giovane con la solita mamma cattiva che l’ha abbandonato ancora bambino, un bravo figlio che si occupa del padre anziano in casa di riposo, uno “spiffy” o “sbuffi” o che dir si voglia, che dopo essere stato per anni il re dei pescecani, cinico e arrogante, images-2cambia vita per rincorrere l’Amore. E lo rincorre davvero, con una scena in aeroporto degna della migliore fiction nostrana. Peccato che il protagonista sia il giovane Muccino, che per quel che banalmente in gergo si chiama “le physique du rôle”, risulta poco credibile sia come stronzo, che come amante appassionato. Sarà forse il taglio di capelli, sarà che da uno stronzo vero ci si aspetta quanto meno lo zigomo prorompente, ma purtroppo lo spettatore fa molta fatica a prenderlo sul serio. Ciò non toglie che il film, nel complesso, non sia totalmente indigesto e che possa addirittura vantare qualche battuta riuscita e qualche sparuta scena quasi divertente, soprattutto grazie alla recitazione di Maurizio Mattioli (Ernesto), Carla Signoris (Luciana) e Nicole Grimaudo (Matilde). Sono loro, infatti, i tre prescelti da Giovanni Canton (alias Muccino) nel corso di un casting che ci ricorda troppo certi programmi televisivi a metà tra il talent show e il circo, e sono loro che il nostro life coach in abito scuro e piedi nudi trasformerà in uomini di successo (come se bastasse una parrucca o qualche lampada di troppo a far di te una persona nuova). Peccato che i primi due divengano, a un certo punto della storia (o forse fin da subito) superflui, o quanto meno puramente accessori, partendo come piatto forte e facendo tragicamente la fine del contorno. Una fine peraltro un po’ forzata dal contesto: se l’amore deve trionfare, deve farlo a tutto tondo, deve coinvolgere tutti e farla da padrone nella storia di ognuno, anche di quelli che di grossi problemi d’amore non ne avevano. Ma meno male, viene da dirsi! Meno male che ripiega sull’amore! Per lo meno l’amore conquista sempre certo pubblico, le-leggi-del-desiderio_02-537x350soprattutto quel pubblico di Matildi o di Luciane che credono ancora di potersi riscattare, di poter risorgere dalla frustrazione della quotidianità, di trovare il coraggio di vincere la noia e la banalità e di trasformarsi, da bruco, in scintillanti farfalle. E allora la lacrimuccia ci sta, e poi tutte a casa a preparare la cena, che è già tardi e il marito si arrabbia, col pensiero che forse ci sarà un Giovanni Canton anche per ognuna di loro. Ma una domanda sorge spontanea: qual è la morale della storia? Che il training motivazionale può funzionare, anche se non su tutti? Che l’amore trionfa sempre, ma in qualche caso ha bisogno di una spintarella? Che il lavoro non si trova solo perché ci si fa una lampada, ma che in fondo un look da Fonzie può sempre aiutare? Che scrivere romanzi soft porn (forse nemmeno così soft) è una cosa bella, normale, che dei figli amorevoli devono imparare ad accettare se rispettano davvero la propria madre? Che l’amore è cieco, ma se porti calzini spaiati e occhialoni comunque non hai speranze? A noi sembra che il nostro Muccino sia un po’ confuso. Fortuna che per lo meno il sigmatismo l’ha sconfitto, perché un life coach con la zeppola no, proprio non si può vedere.

Monica Cristini

Le leggi del desiderio

Regia: Silvio Muccino. Sceneggiatura: Carla Vangelista, Silvio Muccino. Fotografia: Federico Schlatter. Montaggio: Luigi Mearelli. Interpreti: Silvio Muccino, Carla Signoris, Maurizio Mattioli, Nicole Grimaudo, Bebo Storti. Origine: Italia, 2014. Durata: 105′.

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