Ci siamo ritrovati, appena arrivati a Cannes, ad avere la grande fortuna di accedere al Grand Théâtre Lumière del Palais des Festivals, per la proiezione del film Le jeune Ahmed, dei fratelli Dardenne (Francia/Belgio, 84’). Quale migliore occasione per iniziare la nostra avventura? Poter camminare sul red carpet, sulle orme dei più grandi registi e attori e fare la Montée de Marche che hanno fatto ieri pomeriggio i fratelli Dardenne e il giovane attore Idir Ben Addi (Ahmed) sono state grandi emozioni.
Quando siamo entrati nella sala, siamo stati avvolti da un’atmosfera magica ed elettrizzante: una sala immensa che non avevamo mai visto prima, uno schermo gigantesco, riflettori ovunque, giornalisti e spettatori di ogni età e di ogni nazionalità. Non appena le luci si sono spente, la sigla del Festival, Aquarium di Saint-Saëns, ha accompagnato le immagini di un sipario che lentamente si è aperto e ha mostrato degli scalini rossi a riprodurre la Montée de Marche. Un applauso fragoroso si è diffuso per tutta la sala. Subito dopo, un breve silenzio, stacco con schermo nero, e poi con dei rumori di passi, che hanno fatto sussultare qualcuno di noi seguiamo il giovane Ahmed, che a scuola si rifugia in bagno e fa una telefonata. Rientrato in aula, si rifiuta di stringere la mano alla sua insegnante, che ritiene una infedele. Nella scena successiva lo vediamo in casa esplodere contro la madre e la sorella, accusate di non essere delle vere musulmane.
Ci saremmo aspettati di seguire Ahmed nella sua evoluzione di jihadista e, invece, no. I fratelli Dardenne ci mostrano un giovane solitario, senza amici, anaffettivo, senza esperienza di vita, neppure sentimentale. La telecamera lo segue da vicino con primi piani stretti e in silenzio. Apparentemente nulla succede, eppure l’ossessione di Ahmed è ciò che più ci ha colpito. Tuttavia, il film non ci ha particolarmente coinvolto. Alla fine della visione, non abbiamo riconosciuto nel protagonista né un eroe né un antieroe e tanto meno ci siamo sentiti vicini con coloro che subiscono gli effetti della sua follia di musulmano radicalizzato. Ma, probabilmente, è proprio questa l’intenzione dei due registi: narrare in modo oggettivo e distaccato la storia di un giovane estremista ed integralista innanzitutto con se stesso e poi con l’intera società.
Garçons de Cannes
“Iniziativa realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema per la Scuola promossa da MIUR e MIBAC”
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