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La parte degli angeli di Ken Loach

Dopo la dura presa di posizione di Loach, che ha rinunciato al Premio del TFF per esprimere solidarietà ai lavoratori addetti alla pulizia e alla sicurezza del Museo del Cinema, finalmente arriva in sala La parte degli angeli, una commedia che non rinuncia comunque a momenti foschi, com’è nello stile del regista britannico.
I protagonisti potrebbero tranquillamente essere parenti dei ragazzi che popolavano Sweet Sixteen. Loach li mette in fila in un tribunale di Glasgow, ridotti tutti ai lavori socialmente utili per motivi diversi: dall’ubriachezza molesta alla rissa. Tra questi Albert, uno svalvolato che per poco non finisce sotto un treno nella prima scena del film, poi Rhino, la cleptomane Mo e Robbie, che sotto l’effetto di stupefacenti ha massacrato per futili motivi un coetaneo. Per Robbie, che sta per diventare padre, la strada è obbligata: impegnarsi una volta per tutte a migliorare la condotta per costruire una famiglia con Leonie, la ragazza che ama e che lo ama, nonostante una famiglia che si oppone alla relazione.
L’angelo che segna la svolta ha l’aspetto del corpulento Harry, che vigila sulla condotta dei ragazzi e che, soprattutto, coinvolge Robbie nella passione per il whisky. Il ragazzo pare avere un naso sensibilissimo alle fragranze dei distillati, un talento non comune che potrebbe avviarlo alla professione di degustatore. Prima ci sono però da risolvere una serie di problemi: vincere la diffidenza del padre di Leonie, difendersi da una banda di teppisti, smarcarsi dalla vita desolante del quartiere dormitorio dove vive e dall’etichetta che lo identifica perdente a vita. Con intelligenza, furbizia e l’aiuto dei tre comici compagni di avventure, Robbie studia un piano per rubare quattro litri di un whisky pregiatissimo, con l’intento di rivenderlo ad un degustatore. La quotazione è alta e la cifra potrebbe costituire la base per ricostruire una vita lontana dalla disperazione di Glasgow.
Gli scenari sono quelli consueti (riecheggia anche My name is Joe), ma questa volta gli sforzi dei protagonisti trovano soluzione nella solidarietà e nel cameratismo di squadra (anche questa componente non nuova nel cinema di Loach, da The Navigator a Looking for Eric). Il contesto sociale che determina l’appartenenza di classe, se è vero che è discriminatorio e segna dalla nascita un percorso quasi inevitabile (la tesi è espressa forte e chiara all’inizio del film), può altresì trasformarsi in occasione formativa. Nonostante tutto possiamo sempre scegliere, sembra ribadire il regista, distillare il meglio anche nelle situazioni più terrificanti, rispondendo con fierezza alla disperazione. È la strada che traccia Harry a forza di sguardi fiduciosi e di abbracci sentiti. Che sia un appassionato di distillati non è un caso: la macchina complessa che trasforma la materia prima in liquore pare una metafora servita su un piatto d’argento e ‘la parte degli angeli’ non è che la sostanza più sottile e inafferrabile del processo di maturazione. Qualcosa vola via, ma ciò che rimane è essenza pregiata.

Vera Mandusich

La parte degli angeli

Regia: Ken Loach. Sceneggiatura: Paul Laverty. Fotografia: Robbie Ryan. Montaggio: Jonathan Morris. Interpreti: Paul Brannigan, John Henshaw, Roger Allam, Jasmin Riggins. Origine: GB/Francia, 2012. Durata: 101′.

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