C’era attesa per il licenziamento definitivo della nuova Legge sul Cinema e l’Audiovisivo. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini si dichiara soddisfatto e parla di svolta epocale per il cinema italiano e tutto ciò che vi gravita attorno. Una riforma che nelle intenzioni vuole incentivare gli investimenti nel settore, promuovere i giovani autori, la formazione, la cultura cinematografica nelle scuole, salvaguardare le sale storiche, riattivare quelle chiuse dopo la rivoluzione dei multiplex e il passaggio al digitale. Per questo, dichiara il Ministro, la commissione Cultura al Senato ha previsto la creazione di un fondo completamente autonomo per il sostegno dell’industria cinematografica e audiovisiva e pone fine alla discrezionalità.
Pone fine alla discrezionalità. Da ripetere come un mantra. Una frase da tenere sempre nel taschino, perché nel nostro paese la discrezionalità – così ci è stato insegnato – è un concetto relativo.
Accogliamo con piacere l’impegno dello Stato, che con l’articolo 1 si fa garante della “promozione e il sostegno del cinema e dell’audiovisivo, quali fondamentali mezzi di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale, che contribuiscono alla definizione dell’identità nazionale e alla crescita civile, culturale ed economica del paese, promuovono il turismo e creano occupazione“.
Riportiamo in breve alcune delle azioni che dovrebbero (non è un condizionale ideologico!) riattivare il motore grippato del cinema italiano.
Innanzitutto viene creato il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l’audiovisivo”, per sostenere gli interventi per il cinema e l’audiovisivi attraverso incentivi fiscali e contributi automatici che unificano le attuali risorse del Fus Cinema e del Tax Credit. Una nota del Mibact evidenzia che “con il Fondo cinema aumentano le risorse del 60%: 150 milioni in più“. Come in Francia, “il Fondo è alimentato direttamente dagli introiti erariali già derivanti dalle attività di programmazione e trasmissione televisiva; distribuzione cinematografica; proiezione cinematografica; erogazione di servizi di accesso ad internet da parte delle imprese telefoniche e di telecomunicazione. A decorrere dal 2017, l’11% del gettito Ires e Iva di questi settori costituirà la base di calcolo delle risorse statali destinate al finanziamento del Cinema e dell’audiovisivo: il nuovo fondo non potrà mai scendere sotto i 400 milioni di euro annui“. Sembrano un mucchio di soldi, ma non lo sono.
Vengono poi abolite le commissioni ministeriali “per l’attribuzione dei finanziamenti in base al cosiddetto ‘interesse culturale’ e si introduce un sistema di incentivi automatici per le opere di nazionalità italiana. Accanto alle agevolazioni fiscali, nascono i contributi automatici la cui quantificazione avviene secondo parametri oggettivi (lo speriamo, nda) che tengono conto dei risultati economici, artistici e di diffusione: dai premi ricevuti al successo in sala. I produttori e i distributori cinematografici e audiovisivi riceveranno i contributi per realizzare nuove produzioni“.
Bisognerà poi convincere i privati della bontà dell’incentivo all’investimento nel settore: fino al 30%, beneficiando dei sei Tax Credit. Si parla – leggiamo ancora sul sito del Mibact – di imprese di produzione, distribuzione, post-produzione; distributori che programmano il cinema italiano, incentivando la concorrenza e aumentando le quote di mercato; di imprese italiane che lavorano per produzioni straniere; o imprese esterne al settore che investono nel cinema italiano. Ma anche di esercenti che gestiscono le sale. E a proposito di sale, con l’obiettivo di coinvolgere nuovo pubblico e promuovere il cinema italiano, viene previsto un piano straordinario fino a 120 milioni di euro in cinque anni per riattivare le sale chiuse e aprirne di nuove. Inoltre verrà agevolato il riconoscimento della dichiarazione di interesse culturale per le sale cinematografiche. Grazie a questo intervento sarà possibile favorire la conservazione e la valorizzazione delle sale storiche attraverso il vincolo di destinazione d’uso.
Ai giovani autori, alle opere prime e seconde, alle piccole sale e a festival e rassegne di qualità verrà assegnato il 18% del Fondo, percentuale che però comprende anche i contributi per le attività di Biennale di Venezia, Istituto Luce Cinecittà e Centro sperimentale di cinematografia, che speriamo non finiscano per divorare la torta, perché questi 72 milioni di euro potrebbero non bastare.
Ci piace però l’idea che parte del Fondo (il 3%) sia riservato ad azioni di potenziamento delle competenze cinematografiche ed audiovisive degli studenti, sulla base di linee di intervento concordate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con il Ministero dell’istruzione e della ricerca scientifico. Auspichiamo che tali linee vengano definite da una commissione competente che affianchi i Ministeri, composta da chi da tempo pratica con professionalità audiovisivo e cultura cinematografica nelle scuole.
Aspettiamo i decreti attuativi, da gennaio la Legge dovrebbe entrare a regime. Siamo speranzosi, che non si vada a favorire chi è già forte, come spesso accade nel nostro paese. Altre delusioni sarebbero insopportabili. Lo affermiamo da operatori di settore, ma soprattutto da spettatori.
A. Leone