Un folle uccide la moglie a colpi di pistola. Quindi fugge a bordo di una macchina con le due figlie, Victoria e Lily, e in preda alla confusione è vittima di un incidente stradale: la vettura cade in un dirupo a lato di un bosco fitto e inesplorato, mentre le bambine, nel frattempo riparatesi in una casupola abbandonata, verranno allevate da una creatura demoniaca che farà loro da madre dopo aver assassinato il genitore superstite. Anni dopo, le ragazzine vengono ritrovate in seguito a una battuta di caccia, ormai cresciute come selvagge e dimentiche del loro passato, almeno fino a quando, affidate agli zii Annabel e Lucas, non tenteranno di riprendere una vita normale. Purtroppo la perfida madre, dapprima ritenuta una creatura immaginaria, si dimostrerà più che decisa non farsi rubare le sue bambine.
È forse la prima volta, nel cinema dell’orrore come nel cinema mainstream, che lo spettatore si ritrova ad affrontare una famiglia alternativa ai più classici modelli iconografici: il merito è soprattutto di una Jessica Chastain assolutamente irriconoscibile, dai capelli corti e corvini, un look in bilico tra il dark e il metal, e un bellissimo tatuaggio che si arrampica sull’intero suo braccio. Non è una donna dall’istinto materno, ringrazia Dio quando seduta sul cesso scopre di non essere incinta, non ha un lavoro stabile e, dulcis in fundo, non ce l’ha nemmeno il compagno Lucas (Nikolaj Coster-Waldau) che segue le ambizioni di disegnatore finendo per non pagare le rate della banca. È a questi due individui che il tribunale, respingendo l’istanza di custodia avanzata dalla rigida Jean (Jane Moffat), sorella di Lucas, affida le due bambine ritrovate nel bosco, ed è a questi due che si richiedono solerzia e pazienza per aiutare le giovanissime vittime a superare il trauma subito. Ci riusciranno, forse, o di sicuro ci riuscirà Isabel che, affezionandosi soprattutto a Victoria (Megan Charpentier), la più grandicella, scatenerà le gelosia della Madre, presto in grado di manifestarsi, con le sue gramaglie vedovili, il volto asimmetrico e spigoloso, gli arti esageratamente lunghi e rachitici, anche a chi non la crede che un’astrazione chimerica e infantile. E lo farà nel modo migliore per terrorizzare il pubblico: apparizioni subitanee, sonorità improvvise e distorte, mostri e bizzarre creature che sbucano dagli armadi o da crepe nel muro. La semplicità (si fa per dire) si conferma sempre l’arma vincente per un ottimo horror, e questo l’esordiente iberico André Muschietti, la cui opera è tratta da un suo omonimo cortometraggio del 2008, l’ha capito bene; così come l’ha capito altrettanto bene Guillermo del Toro, produttore esecutivo della pellicola, che come suo solito non lesina in trovate agghiaccianti di sicuro capaci di far accapponare la pelle.
E forse proprio in questo sta il difetto precipuo de La madre, che altrimenti sarebbe da considerarsi capolavoro dell’anno: dietro la bravura indiscussa delle sue maestranze, il film conserva qualche fronzolo furbetto e po’ scontato (lo psicologo che se ne va a zonzo nel bosco, da solo e di notte, senza avvisare nessuno delle sue peregrinazioni e facendo una brutta fine), nonché un finale troppo burtoniano per non suscitare fastidio. La musica di Fernando Velázquez non fa una bella figura, e a tratti sembra di ascoltare una sinfonia per un film dark-fantasy a cui mancano le fatine per definirsi fiabesco. La madre è però interpretata da un uomo, Javier Botet, già salito alla ribalta per ruoli femminili e mefistofelici: ve ricordate la niña Medeiros della trilogia[•REC]? Bravi! Scommetto che non lo sapevate.
Marco Marchetti
La madre
Regia: Andrés Muschietti. Sceneggiatura: Andrés Muschietti, Neil Cross, Barbara Muschietti. Fotografia: Antonio Riestra. Montaggio: Michele Conroy. David Moritz. Musica: Fernando Velázquez. Interpreti: Jessica Chastain, Nikolaj Coster-Waldau, Megan Charpentier, Isabelle Nélisse, Daniel Kash. Origine: Spagna/Canada. Durata: 100 min.