Una donna sola (o quasi) contro una multinazionale. Una maestra di coro che nasconde l’identità segreta di un’ecoterrorista armata di arco e frecce. Questa eroina contemporanea vive in Islanda ed è decisa a far saltare i piani di un colosso dell’alluminio che a suo parere sta devastando la sua isola. Si chiama Halla, da sola abbatte tralicci dell’elettricità, fa saltare impianti, spalleggiata però da un funzionario statale che gioca nell’ombra e da un uomo che forse è un cugino alla lontana. C’è poi una gemella che non sa nulla e che insegna yoga, suo perfetto opposto, è convinta che una goccia d’acqua possa scavare una pietra. A mettere in crisi Halla (strepitosa Halldóra Geirharðsdóttir) è la notizia di una vecchia domanda di adozione finalmente accolta: è in arrivo una bambina ucraina!
Dopo Storie di cavalli e di uomini, Benedikt Erlingsson propone una commedia ecologista dai toni surreali ma lucidissima nell’analizzare il rapporto sbilanciato tra individuo e corporazioni quando ci sono in ballo interessi collettivi. Il regista inventa una figura femminile magnifica, slegata da qualsiasi movimento organizzato e mossa esclusivamente da un’urgenza che è la responsabilità individuale legata all’azione e al possibile cambiamento. Halla è una donna che non attende alla finestra che la politica intervenga, anzi, preso atto di quanto gli interessi oligarchici condizionino la gestione della Cosa Pubblica elabora un piano che è folle e al tempo stesso epico. Mite maestra del coro e incredibile guerriera in azione, la quasi cinquantenne Hella sfida Golia con la strafottenza di una ventenne arrabbiata, correndo in fuga tra le magnifiche lande islandesi, nascondendosi nelle fratture di un territorio che può essere ostile, schermandosi ai droni e agli elicotteri sotto il muschio o la carcassa di un animale morto. Se non è un personaggio quasi mitologico questo?
E a dimostrare che questa commedia potrebbe virare verso la tragedia, quando l’eroina si trova costretta a scegliere se salvare il mondo con un’impresa impossibile o mollare il colpo per accogliere un’orfanella ucraina (che è poi – come dice la sorella gemella – salvare comunque il mondo), Erlingsson studia un espediente narrativo geniale, accompagna Hella con un trio di musicisti e un terzetto di coriste tradizionali. Ancora riferimenti alla mitologia greca. La musica extradiegetica in realtà è lì in campo, o entra in campo inaspettatamente, quando un movimento di macchina scopre i musicisti nel mezzo dell’azione, testimoni visibili sono ai nostri occhi e a quelli di Hella.
Sabotatrice per dovere, i cui numi tutelari sono Gandhi e Mandela, Hella ha la freschezza ingenua dell’idealista ma anche la generosità di una madre potenziale. Ed è proprio la voglia di costruirsi un mondo ideale per una futura figlia che diventa motore di questa storia originale, premiata con il Premio Lux del parlamento europeo.
Vera Mandusich
La donna elettrica
Regia: Benedikt Erlingsson. Sceneggiatura: Ólafur Egilsson, Benedikt Erlingsson. Fotografia: Bergsteinn Björgúlfsson. Montaggio: Davíð Alexsander Corno. Musiche: Davíð Þór Jónsson. Interpreti: Halldóra Geirharðsdóttir, Jóhann Sigurðarson, David Thor Jonsson, Magnús Trygvason Eliasen, Omar Gudjonsson, Jörundur Ragnarsson. Origine: Islanda/Francia/Ucraina, 2018. Durata: 101′