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La canzone del mare

canzone_del_mareC’è un cinema d’animazione pianificato a tavolino, forte di budget consistenti e team creativi preparati, affiatati, capaci di ragionare sul presente e costruire racconti vivaci, adatti a pubblici trasversali e internazionali. Esiste anche un cinema d’animazione che nasce da idee sedimentate da tempo nelle scatole magiche degli autori, che con pazienza commovente si mettono alla ricerca di finanziamenti fuori dal circuito mainstream e che dopo molta fatica mettono al mondo piccoli gioielli. La canzone del mare dell’irlandese Tomm Moore ne è un esempio. Un film la cui genesi bisogna far risalire a qualche anno fa, quando il regista stava lavorando allo splendido The Secret of Kells (2009): su una spiaggia della costa occidentale dell’Irlanda, lui, la moglie e il figlio di dieci anni si imbattono nei cadaveri decomposti di foche uccise da pescatori frustrati per una pesca scadente. Questa violenza gratuita, figlia di un rapporto con il mare deteriorato da pratiche selvagge e irrispettose dei cicli vitali, attestava anche la perdita di contatto con la cultura locale, un retaggio di storie e leggende che raffiguravano le foche come animali marini dalla natura mistica a cui non si poteva nuocere, custodi delle anime delle la-canzone-del-mare-copertinapersone disperse nelle acque o, addirittura, esseri dalla natura doppia, animale e umana: le Selkies.
Innamorato del cinema di Miyazaki, di quel talento unico nel raccontare temi legati al rapporto tra la terra e i suoi abitanti, mescolando elementi di realismo alla magia e all’animismo, Moore scrive con lo sceneggiatore William Collins una storia magnifica legata ai paesaggi nordici ma al tempo stesso universale.Traendo ispirazione dalla mitologia delle Selkies, gli autori raccontano le avventure di Ben, un bimbo di dieci anni che ha perduto la mamma molti anni prima, mentre metteva al mondo la sorellina Saoirse, che scoprirà essere l’ultima bimba-foca, proprio come era sua madre.
Eccezionalmente illustrato dagli acquarelli di Adrien Merigeau, già direttore artistico del film precedente di Moore, prodotto sempre dalla casa di produzione Cartoon Sall, La canzone del mare incanta per le atmosfere magiche, i colori che virano dal freddo al caldo e viceversa nella rappresentazione degli stati d’animo dei protagonisti, del loro sguardo sul mondo, delle paure e dei desideri ancestrali – l’amore e la protezione della mamma scomparsa, ad esempio -; e si fa amare anche, il film, per la rappresentazione di una terra che sa essere insidiosa e di un mare che vuole essere rispettato, come nel grande cinema di Miyazaki, personaggi/paesaggi dotati di anima, di respiro. Si sentono echi di Klee e Kandinsky, la bidimensionalità aggiunge valore a una storia dove gli spazi reali e immaginati si sovrappongono come in ogni fiaba, senza però togliere nulla alla profondità psicologica dei protagonisti. In particolare Ben che, come il suo triste papà, è creatura umana, scisso tra il ricordo della mamma e il legame con una sorella che non riesce ad amare, responsabile involontaria di quel vuoto incolmabile.

https://www.youtube.com/watch?v=9Mpg4rh7LGM
Le musiche di Bruno Coulais e della band tradizionale Kila perfezionano un’opera di rara bellezza.
Candidato all’Oscar come miglior film di animazione (era già successo con The Secret of Kells), poteva, forse doveva, vincere la statuetta. Era però l’anno di Inside Out.

Alessandro Leone

La canzone del mare

Regia: Tomm Moore. Sceneggiatura: Will Collins. Montaggio: Darragh Byrne. Musiche: Bruno Coulais in collaborazione con Kila. Origine: Irlanda/Danimarca/Belgio/Lussemburgo/Francia, 2014. Durata: 93′.

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