L’omicidio di John F. Kennedy, Dallas 1963, è stato collocato nella Storia come un evento pubblico senza precedenti. Il regista cileno Pablo Larraìn vuole descriverne una precisa complessità, fotografare l’impatto dell’accaduto sulla vita privata della First Lady, Jackie.
Jackie, Mrs. Jacqueline Kennedy Onassis (Natalie Portman) è una donna elegante, un’icona di stile; è madre, l’ideale di donna che vive all’ombra del progetto presidenziale americano. Improvvisamente deve seppellire suo marito e abbandonare la Casa Bianca, in un tempo limitatissimo, circa una settimana.
Spostiamo così lo sguardo, per una volta, oltre le ferite mortali di John, e troviamo una donna in tutto il suo dolore e disperazione. Dentro all’Air Force One, con il completo Chanel rosa macchiato di sangue, Jackie assiste in silenzio all’immediato giuramento di Lyndon B. Johnson. Subisce uno scacco morale, la frantumazione del sogno del marito; indirettamente, anche del suo. La vedova accompagna, tre giorni dopo, il corteo funerario a St. Matthew’s cathedral, sul suo volto un sobrio velo nero.
Il film esplora lo spazio oltre la compostezza di quel viso coperto, descrivendo un personaggio acuto. La storia di Jackie è punteggiata dall’utilizzo sporadico di scene di repertorio originali, che creano un ponte tra la Grande Storia e la fiction. Piuttosto classico l’espediente del racconto, un’intervista di Jackie realmente concessa a Theodore H. White il 29 novembre 1963 (e pubblicata il 6 dicembre): il risultato, di quelle quattro ore di conversazione, fu un articolo quasi mitologico, pubblicato su LIFE, che contribuì alla definitiva costruzione del mito del Presidente Kennedy. L’intervista è la scusa perfetta per scorrere gli eventi, definire il tono ufficiale e mettere sotto stress le barriere dell’intimità. Tocchiamo con i sensi cinematografici, la vista e l’udito, la realtà del trauma, da un’angolazione che costituisce un vero e proprio reboot della storia ufficiale della presidenza.
Con Jackie il cileno Larraìn compie il suo primo viaggio registico in lingua inglese. Presentato e premiato a Venezia in Concorso lo scorso settembre, vanta tre nomination ai prossimi Oscar: Best Actress in a Leading Role (Natalie Portman), Best Costume Design (Madeline Fontaine), Best Original Score (Mica Levi).
Natalie Portman è di una bravura eccezionale, confermata dagli invadenti e ripetuti primi piani. Una menzione speciale va appunto alla colonna sonora originale del lungometraggio, composta da Mica Levi, talentuosa storyteller del suono già nominata ai BAFTA per Under the skin. Mica rivela sconosciuti livelli di sentimento attraverso stonature di violino e violoncello, alternando lo stoicismo descrittivo del personaggio a fasi ossessive e inquietanti. La colonna sonora tende verso un forte senso di speranza, che continua a scivolare in fasi di stress e tormento.
Giulia Peruzzotti
Oltre l’ombra del Presidente
Pablo Larrain, dopo l’anomalo biopic Neruda, ricostruisce l’intero dietro le quinte di quello che è stato l’assassinio del presidente americano John F. Kennedy visto dagli occhi della first lady Jacqueline Kennedy.
Drammatiche sono le immagini, che fin da subito si tingono di rosso, con la macchina di Kennedy che si dirige a tutta velocità verso l’ospedale più vicino. Jackie è pietrificata e in lacrime sul retro della vettura, con “il suo cervello” sul “grembo” e il candido cappottino rosa, accuratamente scelto per l’occasione, imbrattato di sangue. Il dolore di Jackie è indescrivibile, ancora non riesce a realizzare quanto successo, che in qualche ora è già costretta ad assistere attonita alla nomina del nuovo presidente, Lyndon B. Johnson. Per l’intero film gli occhi sono puntati su di lei, come gli occhi di lei sul corpo esamine del marito dopo gli spari: quella di Jackie è una condizione di reale impotenza, sovrastata dalla paura di non essere all’altezza della situazione e delle persone che la circondano, pronte a farsi carico della perdita e a ripristinare silenziosamente il controllo. Dopo l’iniziale tentazione di nascondersi e farsi da parte, Jackie fa la sua scelta: “It must be beautiful!”. Tutti dovranno vedere il funerale del marito, il quale si merita la giusta visibilità, come fu per Abramo Lincoln prima di lui, accompagnato da un’impressionante sfilata dalla Casa Bianca al Campidoglio. Il timore che domina Jackie è che il marito venga amaramente dimenticato, due anni e dieci mesi cancellati nel nulla. In una condizione di tale fragilità e smarrimento, sarà costretta ad accollarsi l’ingrato compito di dare la triste notizia ai figli e procedere, scontrandosi con la disapprovazione di chi ha preso ora in mano il potere, con l’organizzazione dei funerali.
“Una first lady deve essere sempre pronta a fare le valigie”: è con la morte di “Jack” che Jackie prende atto che lo sfarzo e il lusso in cui era abituata a vivere scompare miseramente con esso, tanto da definirsi al reporter come una “nullatenente”. Vediamo quindi un’anima inquieta vagare per le immense sale, dai mobili e pareti purissime, infelicemente abbandonate della White House, che si apprestano ad essere smantellate per dar posto alla nuova presidenza: ora che John Fitzgerald Kennedy è scomparso, Jackie è sola e la “Camelot”, che avevano costruito insieme, svanita in un solo istante.
Ad accompagnare il flashback principale abbiamo anche diversi frammenti tratti da una confessione con un anziano prete, il compianto John Hurt, in una tra le sue ultime brillanti interpretazioni, con cui Jackie proverà a trovare conforto e una risposta, purtroppo inesistente, a quanto accaduto. Perché Dio ce l’ha tanto con lei, rubandole prima i figlioletti Arabella (nata morta) e Patrick (sopravvissuto dalla nascita poco meno di 40 ore) e poi il marito?
Tra insicurezza, paura e debolezze, Pablo Larrain prova a portare sul grande schermo il ritratto psicologico di una personalità che va oltre l’ombra del presidente. Una donna tenace che ha dovuto prendere delle decisioni rapide affinché il marito non diventasse “un altro ritratto appeso nei corridoi” della Casa Bianca; quella Casa Bianca che lei stessa si era impegnata a riscoprire nella sua essenza storica nutrita da chi l’ha preceduta e, allo stesso tempo, a rinnovare, per entrare intimamente in contatto con essa e poter trasmettere qualcosa di sé ai posteri; una Casa Bianca che non doveva più essere vista dai cittadini americani come la dimora di leggende, ma un posto in cui delle persone hanno contribuito a cambiare il corso della storia.
Jackie è l’ennesimo tocco delicato, attento e sincero di uno tra i registi contemporanei più interessanti nel panorama cinematografico internazionale.
Samuele P. Perrotta
Jackie
Regia: Pablo Larraìn. Sceneggiatura: Noah Oppenheim. Fotografia: Stéphane Fontaine. Montaggio: Sebastián Sepùlveda. Musiche: Mica Levi. Interpreti: Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup, John Hurt, Caspar Phillipson. Origine: Usa, 2016. Durata: 100′.