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SPECIALE Io sono ancora qui

C’è un ruolo del cinema (inteso come arte) che a volte diamo un po’ per scontato (il riferimento è soprattutto ai critici): ed è quello della capacità della settima arte di raccontare in primis grandi storie, semplici e lineari nei suoi svolgimenti ma contemporaneamente capaci contenere una grande profondità contenutistica. Ecco, Io sono ancora qui ci riporta all’importanza del guardare e conoscere queste importanti storie.

Presentato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia – vincitore del premio per la miglior sceneggiatura – e candidato a 3 premi Oscar, il film di Walter Salles ci riporta nel Brasile degli anni 70: quello della spietata dittatura militare, fatto di violenza e repressione. Ma ci porta anche in un altro clima: quello di una famiglia unita e amorevole, fondata da un padre e una madre genuinamente innamorati, con una casa accogliente e con 5 figli. Viviamo con loro, sentiamo il sapore del soufflé che prepara Eunice, annusiamo l’odore del sigaro di Rubens; Salles costruisce la prima parte del suo film senza retorica, con momenti di dolcezza che si fondono ad altri durissimi e tesi, che col passare dei minuti prendono il sopravvento rispetto alle calde scene in interno. Ed ecco che dopo la scomparsa di Rubens il film svela la sua natura di opera potente che racconta un paese intero attraverso la storia di una famiglia: Io sono ancora qui recupera quella bellissima tradizione del raccontare la grande storia attraverso una vicenda familiare. Un esempio perfetto di cinema sociale ma costruito per essere apprezzato anche da un pubblico meno abituato a film di questo tipo.
Ma la vera grande e folgorante protagonista è Fernanda Torres, attrice figlia di Fernanda Montenegro ossia la prima attrice sudamericana candidata al premio Oscar: e chi c’era dietro la macchina da presa? Sempre Walter Salles, con il suo Central do Brasil. 26 anni fa Montenegro fu battuta da Gwyneth Paltrow per Shakespeare in Love (incredibile…), quest’anno la meritatissima statuetta è stata sfilata alla Torres sul filo di lana. E ci dispiace. Perché se il film è memorabile tanto si deve a questa straordinaria attrice, che si carica sulle spalle un ruolo difficile e pieno di sfumature e ci regala un’interpretazione che lavora per sottrazione ma che contemporaneamente è capace di toccare le corde di noi spettatori con grande sensibilità. Da sottolineare soprattutto il lavoro col corpo, che porta le cicatrici di un’esperienza dolorosa e traumatizzante.
Io sono ancora qui è l’ennesimo film ambientato nel passato che ci racconta qualcosa sul nostro contemporaneo, non a caso boicottato da una parte della politica Brasiliana; è un film che fa arrabbiare, che racconta un’ingiustizia inaccettabile perpetrata da parte dello Stato, ma è un film da non perdere su grande schermo proprio per l’urgenza e l’importanza dei fatti raccontati. 

 

 

Andrea Porta

Dal romanzo allo schermo

Brasile, 1971, seguiamo la storia vera di Marcelo Ruben Paiva, figlio dell’ex deputato del Partito laburista brasiliano Rubens e della madre Eunice Paiva. Il film è tratto proprio dal romanzo omonimo scritto da Marcelo. Eunice, madre di cinque figli, vede cambiare bruscamente la sua vita quando il marito scompare improvvisamente, catturato dal regime militare nel 1964,sorte comune a tanti desaparecidos. La donna è costretta all’attivismo, sperando in questo modo di trovare il marito e riuscire a salvarlo.
La tenacia di Eunice mi ha portato alla mente la lotta di un’altra donna in un film che ho amato molto, visto qualche anno fa sempre qui a Venezia, e sempre tratto da una storia vera ambientata in quest’altra parte del pianeta, la bosniaca protagonista di Quo vadis, Aida? per i fatti accaduti nell’estate del 1995 a Srebrenica.
Salles, che ritorna dietro la macchina da presa a distanza di dodici anni da On the road, ha fortemente voluto realizzare questo film dedicandoci sette anni di lavoro. Conosceva personalmente la famiglia Pavia ed era amico dei figli. Il romanzo di Marcelo lo ha profondamente commosso anche perché racconta la storia dei desaparecidos, delle persone strappate alle loro vite dalla dittatura, raccontata per la prima volta dal punto di vista di coloro che erano rimasti.
Il regista brasiliano con questo nuovo lavoro riesce a restituirci tutta la ferocia della vicenda senza mostrare le atrocità fisiche, rendendo il racconto ancora più potente. Sembra una storia già raccontata, trita e ritrita, il rischio di essere poco originali è quindi enorme, eppure attraverso questa vicenda personale, che è in fondo anche universale, riusciamo a sorprenderci e a entrare nelle oltre due ore di film che filano via in un battito d’ali.

Maria Di Razza

Io sono ancora qui

Regia sceneggiatura: Walter Salles. Sceneggiatura: Murilo Hauser, Heitor Lorega. Fotografia: Adrian Teijido. Montaggio: Affonso Gonçalves. Musiche: Warren Ellis. Interpreti: Fernanda Torres, Selton Mello, Fernanda Montenegro, Valentina Herszage, Maria Manoella. Origine: Brasile, 2024. Durata: 135′.

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