Cosa non si farebbe per un capolavoro dell’arte. Ci sono le aste, ma ci sono anche quelli che non sono disposti a rilanciare cifre astronomiche. Ci sono sistemi di sicurezza sempre più perfetti e criminali che, al passo con le nuove tecnologie, si ingegnano per aggirarli. In trance parte con il contachilometri già fuori giri, introducendo con un montaggio serrato lo spettatore nel mondo delle aste, dei battitori, degli appassionati, fino al cuore di un hangar dove si consuma un colpo perfetto. Perfetto per chi? è la domanda su cui Boyle intesse una trama complessa sullo schema delle scatole cinesi, dove si incastrano o si sovrappongono soluzioni di un intrigo che fino all’ultima inquadratura del film sembra indecifrabile.
Un dipinto di Goya, Streghe nell’aria, viene rubato, ma si capisce che non è la banda organizzata di ladri professionisti ad aver portato a casa il capolavoro, ma Simon (James McAvoy), il battitore d’asta che però, causa un colpo alla testa, proprio non ricorda cosa sia successo dopo il tentativo di furto e dove sia la tela. La soluzione è l’ipnosi. L’analista è la bellissima Elisabeth (Rosario Dawson, non proprio l’immagine che abbiamo di un esperto dottore della mente, comunque…), la quale intuisce subito che dietro l’uomo che le chiede una consulenza si nasconde qualcun altro, così si offre di aiutarlo. Da qui in poi il caos regna sovrano, perché Boyle troppo spesso manipola una materia suggestiva senza poter contare sulla scrittura sincronizzata sui dettagli dei fratelli Nolan. Così, mentre la dottoressa si interpone tra Simon e i malviventi, emergono scenari che di volta in volta vengono smentiti da una verità diversa. Per cui Simon è complice della banda capitanata da Frank (Vincent Cassel), poi si scopre che lo stesso Frank è amante di Elisabeth, ma lei in realtà conosceva già Simon perché erano stati amanti fino a quando la sua gelosia era diventata violenza; ma in realtà si capisce che lei stessa aveva un piano in cui un po’ tutti erano stati ipnotizzati. In tutto questo una serie di colpi di scena e ribaltamenti che a volte mancano della necessaria chiarezza.
Boyle punta alto, citando Hitchcock (che aveva “ipnotizzato” Gregory Peck) ma costringendo il pubblico a una narrazione che pare una linea spezzata da snodi non sempre limpidi. Laddove Nolan riesce a innescare chiavi risolutive, Boyle pare mettere lo stesso spettatore “in trance”, nel tentativo di giocarsi la carta dell’immersione in un sogno/incubo al pari dei protagonisti alla mercè della conturbante Elisabeth (memorabile il suo nudo integrale). Il montaggio serrato a volte elide eccessivamente e rimpalla fino al mal di testa tra piani diversi di realtà (e sogno, ma dovremmo parlare di stati alterati, tanto cari al regista da Trainspotting a 127 ore).
In definitiva la verità del furto si costruisce sull’ambiguità delle singole unità di racconto che emergono dalle sedute di ipnosi, dalle successive interpretazioni, dagli sviluppi delle nuove strategie per scardinare la memoria offuscata di Simon, incapace di accettare il vero anche a livello subconscio. Il regista continua in questo modo a lavorare su forme di narrazione segmentate come fu già in The Millionaire. Ma se in quel caso il mosaico era una sorta di artificio inscenato da uno story-teller eccezionale (il concorrente del quiz sotto interrogatorio) che infine restituiva un quadro perfetto nella sua straordinarietà e nella commistione tra avventura, fiaba e melò, adesso la particolare collocazione del racconto, nascosto nei meandri di cervelli confusi da una strega scaltra e potente con la passione per Goya, rischia di minare costantemente la credibilità.
Ipnotizzare il pubblico: riguardatevi un qualsiasi film di Hitchcock. Non il sonno, ma la lucida ragione generava mostri!
Alessandro Leone
In trance
Regia: Danny Boyle. Sceneggiatura: Joe Ahearne, John Hodge. Fotografia: Anthony Dod Mantle. Montaggio: Jon Harris. Interpreti: James McAvory, Vincent Cassel, Rosario Dawson, Danny Sapani. Origine: GB, 2012. Durata: 101’.