I racconti di un gelido oceano, di un drammatico naufragio a largo dell’atlantico e di un demonio bianco lungo cento piedi sono solo un ricordo per l’inquieto e ormai vecchio Thomas Nickerson (Brendan Gleeson), un ricordo che egli stesso si era giurato di mantenere sepolto nell’antro più oscuro e remoto del suo cuore, ma che ora, a distanza di decenni, si ritrova inaspettatamente a confessare alla fioca luce di una lampada alimentata ad olio di balena.
L’unico testimone e ascoltatore del singolare monologo di Nickerson – metafora di una purificazione di un suo personale inferno vissuto e mai narrato – è il giovane scrittore Herman Melville (Ben Whishaw). La sua paura, seppur minima in confronto agli orrori che il suo anziano interlocutore potrà testimoniare, è che le sue capacità letterarie, al momento di riportare su carta quanto gli verrà raccontato, non sapranno rendere giustizia all’ardore che lo incita ad ascoltare il suo burbero compagno di conversazione che, una volta, tanti anni prima, si imbarcò proprio su quella nave, la Essex; la prima a imbattersi nella creatura leggendaria che, in seguito, venne battezzata Moby Dick.
Così inizia la narrazione, maturando da una singolare conversazione in una fredda notte nell’isolata cittadina di Nantucket. Da qui, molti anni prima, il Sig. Nickerson (Tom Holland) – allora mozzo della Essex – stava salpando alla volta dell’Atlantico, per reclamare alle gelide acque, sotto il comando del capitano George Pollard (Benjamin Walker) e del primo ufficiale Owen Chase (Chris Hemsworth), quanti più barili d’olio fosse possibile filtrare dal grasso di balena.
La caccia in mare aperto si apre fiorente e fruttuosa, ma quanto più la baleniera di Nantucket si inoltra a largo degli abissi, tanto più i pericoli che madre natura sa generare iniziano a ostacolarne il lento procedere. Le tempeste e il costante mutare del vento giocano il ruolo di ambasciatori, incaricati d’arrestare il cammino dell’imbarcazione oltre i confini estremi oltre i quali l’uomo non dovrebbe andare. L’avidità e l’agognata gloria dei marinai, d’altro canto, stimolano l’equipaggio a proseguire oltre quelle acque che in tutto e per tutto sembrano incarnare l’allegoria delle colonne d’Ercole oltre le quali solo Ulisse volle spingersi.
I moniti dell’oceano vengono trascurati e lasciati inuditi; le balene incontrate, custodi di acque pacifiche, vengono massacrate. Al pari di un Dio protettore, dunque, giunge implacabile la punizione; la grande balena bianca, consacrazione della potenza marina e della vendetta naturale sull’inconsapevole inferiorità dell’uomo che, nonostante tutto, ancora si erge – attraverso le parole del capitano Pollard – a razza regnante in un mondo inferiore. I fatti, però, raccontano una storia diversa dal dominio umano che Pollard ritiene verità. L’assennata caccia alle balene ha incontrato la furia di una forza indomabile e bianca come alabastro e, sotto i suoi colpi, la Essex è sprofondata. L’equipaggio, che in principio ostentava un potere ultraterreno, è ora naufrago, abbandonato ai basilari istinti dell’uomo primordiale, alla fame, alla speranza in un Dio che prima sembrava muovere le loro azioni e che ora pare scomparso.
L’imperscrutabile volto di una realtà tanto distruttiva e indifferente non sarebbe parsa tanto evidente se non fosse stato per l’egregio lavoro della fotografia di Anthony Dod Mantle, ma i meriti maggiori, devono forse essere attribuiti a Charles Leavitt, che nella semplicità della sceneggiatura ha saputo coniugare la potenza emotiva dei più reconditi stati umani, consegnandoci un film che, nella sua sincerità, richiama una sola domanda: quale incredibile sfida è, per l’uomo, giungere a conoscere ciò che per lui torna assurdo e lontano dal reale e, attraverso questo assurdo – che è poi l’inconoscibile umano – conoscere le sue paure più recondite?
Le dinamiche che si intersecano nel nuovo prodotto del regista Ron Howard riescono a penetrare con freddezza e passione in una verità comune ad ogni uomo eppur taciuta, una verità che si concretizza nella paura stessa, nella disperazione della perdizione e nella triste realizzazione che in fondo, come osserva il primo ufficiale Chase, “siamo solo polvere e cenere”.
Mattia Serrago
In the Heart of the Sea
Regia: Ron Howard. Sceneggiatura: Charles Leavitt. Fotografia: Anthony Dod Mantle. Montaggio: Daniel P. Hanley, Mike Hill. Musiche: Roque Baños. Interpreti: Chris Hemsworth, Benjamin Walker, Ben Whishaw, Brendan Gleeson, Tom Holland, Cillian Murphy, Michelle Fairley. Origine: USA, 2015. Durata: 121′.