RecensioniSlideshow

Il seme del fico sacro

Giovedì 20 febbraio esce un film importantissimo e bellissimo, premio della giuria all’ultimo festival di Cannes e candidato all’Oscar 2025 come miglior film internazionale (sotto bandiera tedesca e non iraniana ovviamente), un implacabile atto d’accusa contro il regime teocratico iraniano, visto dall’interno di una famiglia sull’orlo dell’implosione.
Il seme del fico sacro è il ritratto della famiglia di un giudice del regime durante le proteste avvenute nel 2022-2023 a seguito della morte di Mahsa Amini, (cui non è estraneo nemmeno Il mio giardino persiano) che diventa l’allegoria della lotta stessa per i diritti delle donne e dell’essere umano.

Siamo a Teheran, il protagonista Iman viene promosso giudice istruttore del Tribunale della Guardia Rivoluzionaria proprio nel momento in cui si infiamma il movimento di protesta popolare a seguito della morte della Amini. Iman si trova così a lottare con i dilemmi morali del suo nuovo ruolo che gli comporta di decretare condanne esemplari senza neanche leggere i capi di imputazione. Nel frattempo le sue giovani figlie, Rezvan e Sana, sono scioccate e, allo stesso tempo, elettrizzate dagli eventi, la moglie Najmeh cerca di fare del suo meglio per tenere insieme la famiglia. Quando Iman scopre che la sua pistola d’ordinanza è sparita, sospetta delle tre donne. Spaventato dal rischio di rovinare la sua reputazione e di perdere il lavoro, diventa sempre più paranoico e inizia, in casa propria, un’indagine in cui vengono oltrepassati tutti confini, uno dopo l’altro.

Il seme del fico sacro è un’opera coraggiosa e potentissima, frutto del lavoro di persone che si erano già scontrate col regime ed erano finite in carcere. Mohammad Rasoulof riesce a creare una tensione incredibile per tre ore filate: in tutta la prima parte è quasi un incubo claustrofobico girato quasi tutto nell’appartamento della famiglia, mentre nella seconda parte entrano nella narrazione le proteste. Così facendo, grazie a incredibili tempi di regia e maestria di messa in scena, il film diventa nella parte finale quasi un thriller all’americana. Il regista iraniano riesce a mostrarci come i dilemmi del protagonista, inizialmente nella sua testa, presto diventeranno crepe sempre più grandi all’interno della sua famiglia. E non solo, simbolicamente, nello splendido finale, non potranno che allargarsi fino a diventare una frana vera e propria.

Rasoulof per il suo precedente film, There is No Evil (Orso d’oro a Berlino nel 2020), che parlava della pena di morte in Iran, era stato condannato a un anno di prigione e al divieto di girare film per due anni. Quando sono avvenute le proteste del movimento “Donna, vita, libertà”, Rasoulof era perciò in carcere. Quando è uscito di prigione, si è documentato su quello che era successo grazie ai video girati dagli stessi manifestanti con i loro dispositivi. Questi filmati sono stati per il regista fondamentali per conoscere meglio le proteste e sono poi diventati materiale del film che ha iniziato a pensare.
Inutile dire che anche per Il seme del fico sacro c’è un processo giudiziario in corso nei confronti di tutti coloro che ne hanno preso parte, proprio per questo la gran parte della troupe ha lasciato l’Iran mentre le accuse vanno dalla propaganda contro il regime, a attentati contro la sicurezza pubblica, fino alla diffusione della prostituzione e corruzione sulla terra.
Il seme del fico sacro per ovvi motivi è stato girato quasi clandestinamente, principalmente in interni, per aggirare la censura, mentre alcune scene in esterni sono state girate fuori Teheran. Per le manifestazioni cittadine Rasoulof si è servito proprio delle immagini filmate dagli attivisti durante le proteste, lo stesso regista ha affermato che gli sembrava importante riconoscere il ruolo essenziale dei social nel rendere più forti e coesi i manifestanti, e nel dare loro coraggio e voglia di scendere in piazza. Rasoulof ha anche dichiarato che era per lui impossibile “ricreare” quelle scene, soprattutto perché non sarebbe stato in grado di ottenere la stessa forza cruda e reale di quei filmati.
Rasoulof con coraggio e lucidità ci fa capire come un regime entra nella coscienza di ciascuno di noi, sconvolge i nostri sentimenti, i legami sociali e familiari, fino a far svanire il senso di umanità anche all’interno di una famiglia. Il film diventa perciò un racconto metaforico, una storia di figlie che devono combattere il potere dei padri, con le mura domestiche che amplificano le contraddizioni e i conflitti congeniti nella società iraniana. Il seme del fico sacro è vero cinema che affronta apertamente i mali e i conflitti del mondo, è frutto del lavoro di un regista e di un gruppo di attori e collaboratori che rischiano il carcere per mostrarci quel che succede nel loro paese.
Vederlo permette così anche a noi spettatori, cosa rara di questi tempi, di pensare che andare al cinema può essere ancora un gesto importante e profondo.

Claudio Casazza

Il seme del fico sacro

Regia e sceneggiatura: Mohammad Rasoulof. Fotografia: Pooyan Aghababaei. Montaggio: Andrew Bird. Musiche: Karzan Mahmood. Interpreti: Soheila Golestani, Missagh Zareh, Setareh Maleki, Mahsa Rostami, Niousha Akhshi. Origine: Iran, 2024. Durata: 167′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close