Quali curiosi ponti d’analogie possono instaurarsi tra il mondo della cucina e l’universo della vita. Sapore, profumo e presentazione di un piatto, in fondo, sanno trasmettere le medesime sensazioni di gioia, esaltazione e meraviglia che, idealmente, potremmo provare in una giornata ottimale.
Tuttavia, simili giornate sono rare per definizione e, allo stesso modo, rari sono i piatti capaci di sfiorare l’eccellenza. Nella vita, così come nella cucina, un singolo errore può mutare in catastrofe. La perfezione, in tal senso, è dunque identificabile come l’unica arma atta alla difesa di quello che è il nostro piccolo ed equilibrato mondo. Dopotutto, se non si commettono sbagli, non v’è catastrofe; ergo la perfezione, la ricerca d’un operato costantemente magistrale e magnifico.
Adam Jones (Bradley Cooper) è tra gli chef più rinomati al mondo. Due stelle Michelin sulle spalle, un giubbotto di pelle e l’aria da rocker dannato nascosta dietro un paio di occhiali in stile Top Gun. É americano, ma la sua carriera culinaria inizia in Francia, dove raggiunge il picco e dove, allo stesso tempo conosce il declino e il crollo che spesso segue il successo. Nella sua personalissima discesa verso il nulla, debiti, alcol e quant’altro hanno accompagnato Adam sull’orlo dell’abisso; ora, però, è pronto a tornare sulla piazza, per riacquistare quella tanto necessaria perfezione che potrebbe ricondurlo a nuova vita. L’obbiettivo è la terza stella Michelin che in Francia non gli fu possibile conquistare e il luogo prescelto è Londra, nel ristorante di Tony (Daniel Brühl), sua collega e amico dai tempi di Parigi. In un vortice di ricerca e innovazione, di contrasti comportamentali e maturazioni umane e culinarie, i due ex colleghi, riparando alle divergenze passate, daranno il via a un progetto che, a tutti gli effetti, rispecchia l’emblema di quella tanto ricercata seconda chance della quale Adam sentiva il bisogno.
La ricerca narrativa del regista John Wells si basa interamente sulle colonne portanti di una sceneggiatura (Steven Knight) briosa e accattivante e di una fotografia matura e profonda, abile nel cogliere luci e inquadrature appropriate e capace di conferire all’intera narrazione un tono anche auto-riflessivo oltreché allegro e frizzante.
Il sapore del successo è, nella sua totalità , forse più di un semplice film basato sul mondo dei fornelli. Si potrebbe dire che l’ultimo prodotto di Wells sia insieme un ritratto della creatività dell’animo umano riflesso in ingredienti di classe, e un approfondimento sulla vita, vista ed analizzata nelle sue sfaccettature meno rosee, quindi nelle difficoltà, nelle problematiche irrisolte e nell’emozioni forti, ma distruttive e concepite oltre i limiti che mantengono intatto il mondo di ognuno di noi.
Coadiuvato da un cast di tutto rispetto – nel quale spiccano la collega di Adam, Helen (Sienna Miller), il novellino David (Sam Keeley), la vecchia conoscenza di Jones, Michel (Omar Sy) e l’amico ed ex partner impersonato da un notevole Daniel Brühl – Bradley Cooper si è dimostrato – per concludere – capace di mantenere, ancora una volta, un altissimo standard di versatilità, incarnando l’eccentricità di una mente folle, ma brillante; originale, ma a tratti autodistruttiva e protagonista di un film che vuole solo raccontare una storia, con semplicità e con il massimo gusto rintracciabile.
Mattia Serrago
Il sapore del successo
Regia: John Wells. Sceneggiatura: Steven Knight. Fotografia: Adriano Goldman. Montaggio: Nick Moore. Musiche: Rob Simonsen. Interpreti: Bradley Cooper, Sienna Miller, Omar Sy, Daniel Brühl, Sam Keeley, Matthew Rhys, Uma Thurman, Riccardo Scamarcio. Origine: USA, 2015. Durata: 107′.