L’umanità.. Il sale della terra. Una tematica ambiziosa, così prossima e concreta, la nostra esistenza. Un obbiettivo fotografico dentro la scatola cinematografica, una catena di sguardi sensibili. Sebastiao Salgado, il narratore; fotografo, originario di Aimorés (Brasile) ma cittadino del mondo. Wim Wenders, la seconda voce narrante, cineasta indagatore, si concentra di nuovo sul XX secolo, come ad incidere una raccolta di sue memorie ispiratrici. Giunge ai nostri occhi l’opera della vita e della morte, cristallizzata su stampe in bianco e nero, convertita in digitale su grandi schermi.
Non è la prima volta che Wenders pone al centro della sua produzione filmica un artista. Già nel lontano 1985 sospendeva il lavoro su Paris, Texas per Tokyo Ga. Wenders descrisse silenziosamente la megalopoli giapponese, città natale del regista Yasujiro Ozu, a vent’anni dalla sua morte. Ancora attraversata da frequenti treni merci, ma nel pieno disgregamento del – quasi invincibile – sacro valore della famiglia. Una città il cui tempo interno veniva ormai scandito dallo scintillio delle Slot Machine e dei simulatori di golf. Per citare poi un’opera recente: Pina. Un omaggio postumo alla danzatrice tedesca, il coro di voci vestito di una perfetta architettura 3d.
Con Il sale della Terra si approfitta della fotografia, dopo il cinema, il teatro, la danza, per raccontare l’uomo e il suo spazio di espressione. L’appartenenza – con accezione ancestrale – ad un gruppo, una famiglia, una nazione. La sicurezza e il suo contemporaneo senso opposto. Ma soprattutto vergini tribù e società ai margini del mondo occidentale, ancora lontane dal distruttivo sistema capitalistico. Gli studi in economia spingono Salgado alla contestazione sociale di gioventù. Gli stessi gli permetteranno di lavorare in Europa, possedere la prima strumentazione fotografica, e poi sostenere quel grande lavoro sociale attraverso still images che è stato la sua vita.
Al suo fianco sempre lei, Lélia Wanick Salgado: moglie, curatrice delle sue mostre, la prima grande sostenitrice. Supporto saldo nelle sue lunghe e pericolose trasferte con obbiettivo antropologico. La stessa che oggi raccoglie da terra quel che rimane di un uomo ormai disilluso nei confronti dell’umanità. La prima e sperimentale bellezza impressa su cellulosa è stata infatti sostituita in fieri dall’orrore delle violenze fomentate dalla politica economica.
Tutto sommato un racconto che, sotto spoglie filmiche classiche, espone il pubblico al lato fragile e corroso di Salgado. Un uomo che dalla superficie non riesce a smettere di fotografare questo immenso mondo nel quale viviamo. Ma che forse, con questo suo recente interesse per la paesaggistica e il mondo animale, lontano dalla giungla umana moderna, vuole cancellare la delusione di un’ umanità troppo crudele, non degna di popolare questo pianeta. A voi il bilancio di questa figura – forse? – indiscutibilmente compromessa.
Giulia Peruzzotti
Il sale della Terra
Regia: Wim Wenders. Sceneggiatura: Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado, David Rosier. Fotografia: Hugo Barbier, Juliano Ribeiro Salgado. Montaggio: Maxine Goedicke, Rob Myers. Interpreti: Sebastiao Salgado, Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado. Origine: Brasile, Italia, Francia, 2014. Durata: 110’.