Leone d’oro a sorpresa al termine della 78^ Mostra del cinema di Venezia. Un’edizione di buon livello, con il ritorno delle star e del pubblico dopo il 2020 più ristretto, che non aveva un favorito vero e quasi tutti i titoli in gara potevano puntare a un riconoscimento. La scelta della giuria presieduta dal coreano Bong Joon-ho è caduta sul francese L’événement, opera seconda di Audrey Diwan. Ancora una vittoria di una regista transalpina in un grande festival, dopo la Palma d’oro di Cannes Titane, stabilita da un’altra giuria a maggioranza di donne. Il vincitore racconta l’asciutta e dolorosa vicenda, tratta dal romanzo autobiografico di Annie Ernaux, di una studentessa (ottima l’interpretazione di Anamaria Vartolomei) che intende abortire a inizio anni ’60, quando era ancora punibile con il carcere. Un film riuscito, che ha ricevuto una buona accoglienza (lo testimonia anche il premio Fipresci della critica), anche se il Leone era poco pronosticabile ed è forse eccessivo. Sarà nelle sale italiane in ottobre.
Con cinque film in gara, l’Italia aveva molte speranze e sono arrivati tre riconoscimenti, per i due film migliori nel lotto. Forse cinque in gara erano un po’ tanti (e il meritevole Ariaferma di Leonardo Di Costanzo è rimasto fuori) e in generale sono stati accolti con un favore superiore al valore. Paolo Sorrentino ha ritirato il Leone d’argento – Gran premio della giuria per È stata la mano di Dio, un film un po’ troppo diviso tra il personale e il folkloristico che è però il suo più convincente da parecchi anni a questa parte. Il regista premio Oscar per La grande bellezza (che sul palco della premiazione ha avuto anche una battuta autoironica: “Guardate dove sono arrivato facendo i film con Toni Servillo!”) racconta la propria adolescenza tra una famiglia colorita, una Napoli anni ’80 bellissima, il mito di Maradona e la morte dei genitori. Il giovane attore Filippo Scotti, che interpreta il giovane protagonista Fabietto, adolescente solitario sempre con il walkman appassionato di calcio e costretto ad affrontare il lutto, ha ricevuto il Premio Mastroianni per un attore emergente. Premio speciale della giuria a Il buco di Michelangelo Frammartino, il più sperimentale del concorso, un viaggio nel passato e nelle viscere della terra tra fiction e documentario, ricostruzione della scoperta ed esplorazione nel 1961 dell’abisso del Bifurto tra i monti del Pollino.
Nel palmarès sono entrati sette film e sono rimasti fuori i francesi Illusioni perdute di Xavier Giannoli, Un autre monde di Stéphane Brizé e i film dell’Europa dell’est che pure avevano convinto: “abbiamo cercato di premiare più film possibile” ha dichiarato Bong Joon-ho. Meritato il Leone d’argento per la migliore regia assegnato a Jane Campion per l’impeccabile western crepuscolare The Power of the Dog. Siamo nel Montana degli anni ’20 e su una famiglia allargata disturbata incombe la tragedia, sottolineata dalle musiche di Jonny Greenwood e dalle citazioni bibliche. È in fondo una vittoria per Netflix che ha prodotto il film e pure quello di Sorrentino, che sarà nelle sale il 24 novembre e sulla piattaforma il 15 dicembre. La Coppa Volpi di migliore attrice è andata alla favorita Penelope Cruz per Madres paralelas di Pedro Almodovar: la star spagnola è stata la più applaudita di tutti ed era forse ancora nella bella commedia Competizione ufficiale della coppia argentina Cohn e Duprat. Più inattesa la Coppa Volpi maschile al filippino John Arcilla per l’ottimo On The Job: The Missing 8 di Erik Matti presentato l’ultimo giorno. Il regista asiatico utilizza i generi in maniera ispirata e sorprendente, con qualche tocco, tra gli altri, alla Scorsese, per un racconto d’ampio respiro, inventivo, violento, musicale, tra giornalismo, politica, corruzione e ricerca della verità.
Il premio per la migliore sceneggiatura è stato assegnato a Maggie Gyllenhaal per The Lost Daughter (dal romanzo di Elena Ferrante) con il quale ha esordito dietro la macchina da presa.
Nella sezione parallela Orizzonti vittoria per il lituano Pilgrims di Laurynas Bareisa e doppio e meritato premio al frenetico e coinvolgente francese À plein temps per la regia di Eric Gravel e l’interpretazione di Laure Calamy, una pellicola che sarà presto nelle nostre sale.
Il Leone del futuro per il miglior film d’esordio è andato al romeno Imaculat che ha pure vinto le Giornate degli autori. In quest’ultima sezione premi per Californie di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, la sorpresa italiana della Mostra, storia alla Boyhood di una ragazza d’origine marocchina a Napoli, determinata e con tanta fretta di essere adulta. Invece nella Settimana della critica ha vinto l’iraniano Zalava di Arsalan Amiri.
da Venezia, Nicola Falcinella