RecensioniSlider

Il condominio dei cuori infranti

Il-condominio-dei-cuori-infrantiLo spettatore italiano che si appresta ad andare al cinema, con un titolo così, Il condominio dei cuori infranti, di certo molte speranze nel capolavoro non le ha. Si consola ripetendosi che è un film francese, non una commediola italiana qualunque, che i film francesi non deludono mai, ma la diffidenza non lo abbandona del tutto. Finché in sala, dopo poco più di un’ora e mezza, si riaccendono le luci, e quello stesso spettatore, ora, ha una certezza: si era sbagliato. Completamente. Quel film, è indubbiamente un bel film. Un film triste. Terribilmente triste. Ma infinitamente poetico. E il suo titolo, il titolo giusto, ce l’aveva anche: Asphalte. Chissà poi quale traduttore italiano ha pensato bene di cambiarglielo. asphalte_benchetritForse per renderlo più accattivante, forse per attirare non solo chi di quel film ha sentito parlare, ma anche chi al cinema ci va per un po’ d’amore e risate, e che per un titolo così è disposto a spendere qualunque cifra.
Ma Asphalte non è certo una storia di cuori infranti, al limite è una storia di cuori agonizzanti. Schiacciati proprio dal peso di quell’asfalto che è il grigio identico del cielo e della strada delle banlieue parigine. Il grigio di poche, misere vite, che s’intrecciano un po’ per caso, un po’ per disperazione. Charly (Jules Benchetrit) e Jeanne (Isabelle Huppert); John (Michael Pitt) e Hamida (Tassadit Mandi); Sternkowitz (Gustave Kervern) e l’infermiera (Valeria Bruni Tedeschi): sei nomi di sei piccole tragedie senza importanza, sei insignificanti infelicità suburbane che aspettano pazienti di morire all’angolo di una strada. E che, a volersi salvare, non possono che aiutarsi tra loro.
La poesia dell’ultimo film di Samuel Benchetrit sta proprio lì, in quell’umanità radicale e atavica che va a unire, in legami quasi indissolubili, dei perfetti sconosciuti. Facendo dell’uno l’ancora di salvezza dell’altro o, quanto meno, un’ottima stampella per muovere qualche imprevisto passo in più. Una salvezza fatta di mezzi sorrisi, di sguardi appannati, di povere parole, di tocchi di rossetto su visi pallidi, stanchi, imbruttiti dal tempo e dalla mediocrità. E che si esaurisce tutta nella condivisione di piccoli spazi, di ritagli di notte, di vite passate, di minuscole e vane speranze.


Ma tra tentativi di fuga mal riusciti in un universo che sembra non lasciare spazio né a progetti né a fantasie, in un mondo di stanze squallide e pareti scrostate, in una periferia dimenticata da Dio e forse anche dal resto dell’umanità, in un mondo così, invece, c’è spazio ancora per la parola mitica, per la leggenda, per la magia di una fiaba. È così allora che il cigolio portato dal vento di un cassonetto della spazzatura diventa demone, fantasma o tigre. Colorando per un istante (uno solo) di un fascino variopinto la piatta nullità di una vita senza futuro. In cui, alla, fine i cassonetti non sono che cassonetti e in cui nessun ranocchio potrà mai trasformarsi in principe. Ma questo lo sappiamo noi e, per fortuna, soltanto noi.

Monica Cristini

Il condominio dei cuori infranti

Regia e sceneggiatura: Samuel Benchetrit. Fotografia: Pierre Aim. Montaggio: Thomas Fernandez. Interpreti: Jules Benchetrit, Isabelle Huppert, Michael Pitt, Tassadit Mandi, Gustave Kervern, Valeria Bruni Tedeschi. Origine: Francia, 2016. Durata: 100′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close