Asghar Farhadi ritorna in Iran, dopo la parentesi parigina de Il passato, per risintonizzarsi con il suo cinema migliore. Ancora una volta sotto la lente del regista c’è un rapporto di coppia che viene messo alla prova da un evento traumatico.
Emad (Shahab Hosseini) e Rana (Taraneh Alidoosti), costretti a traslocare per un cedimento strutturale dell’edificio in cui vivono, occupano l’appartamento che un amico, attore nella compagnia teatrale in cui lavora anche la coppia, offre loro momentaneamente. Ad abitarlo precedentemente una donna dai dubbi costumi (“prostituta” è parola mai pronunciata nel film: siamo in Iran!), ma l’amico si guarda bene dal riferirlo a Emad e Rana, che un sera viene aggredita da un cliente. Inizia così una caccia all’uomo che vede protagonista Emad, via via sempre più ossessionato dall’idea dello stupro subito da Rana.
Farhadi (drammaturgo e sceneggiatore) ci ha abituati a racconti che in filigrana descrivono mutamenti e contraddizioni del suo paese, un po’ come Kiarostami e Panahi (nonostante la fatica di lavorare “recluso” in patria), ma apparentemente con minore carica ideologica, evitando certamente esplicite critiche al sistema di controllo applicato sulla libertà di espressione. Lo sfondo de Il cliente è il teatro, che come tutte le forme d’arte sente lo spauracchio delle forbici censorie. I protagonisti del film sono attori impegnati nella messa in scena di Morte di un commesso viaggiatore di Miller, ma lo scontro con chi vigila sulla liceità dei contenuti della pièce rimane evocato e mai dichiarato (come ad esempio nel film di Bahman Ghobadi I gatti persiani, che descriveva l’impossibilità dei giovani musicisti rock di suonare alla luce del giorno la loro musica). Farhadi insiste invece sulle conseguenze psicologiche della cultura iraniana – intendiamo non solo la censura delle idee, ma anche la sottomissione della donna e i rapporti di genere, i ruoli sociali e le discriminazioni – nella vita di tutti i giorni e sulle relazioni umane, tra amici, tra amanti, tra genitori e figli. Basti rivedere oggi About Elly (Orso d’Argento a Berlino nel 2009) o il capolavoro Una separazione (Orso d’Oro e Oscar come miglior film straniero nel 2011) per averne la riprova. Il dramma è nelle fratture che un certo tipo di mentalità apre in seno ai piccoli nuclei, nella borghesia emancipata culturalmente, che invece si scopre fragile. Così, nel più classico parallelismo tra vita e teatro, Emad e Rana si ritrovano, sovraccaricati da tensione emotiva, uno di fronte all’altra, sdoppiandosi: a teatro e nel loro nuovo appartamento, ormai elemento antagonista; il testo di Miller si trasforma in uno specchio deformante e incapace di farsi significante di un rapporto che chiede nuova vita.
La ricerca del malfattore non è più per Emad la necessità di consegnare alla giustizia un criminale, ma la volontà di vendicare un’onta che ferisce l’onore del maschio, più che quello della moglie oltraggiata. E che questa potesse diventare la vicenda di una coppia che via via deve rispondere all’incrinarsi di una struttura apparentemente solida, lo si era capito già dal magnifico piano sequenza iniziale, con l’evacuazione del loro appartamento e il percorso frenetico lungo le scale, una specie di mise en abyme dell’intero film.
Farhadi è abile nel determinare i mutamenti psicologici dei suoi personaggi, meticoloso nel distillare le battute di dialogo, mai gridate, mai troppo dichiarate, scritte con realismo eppure tasselli indispensabili alla definizione del quadro narrativo, soprattutto quando la coppia deve confrontarsi con il “cliente” stupratore, un uomo anziano e superficiale, ipocrita e maschera mediocre di un pensiero stantio e maschilista. E tutto lo splendido, intenso finale, di cui non raccontiamo nulla, è un momento di cinema vibrante. Ecco: vibrante come tutto il cinema di Farhadi.
Vera Mandusich
Il cliente
Sceneggiatura e regia: Asghar Farhadi. Fotografia: Hossein Jafarian. Montaggio: Hayedeh Safiyari. Interpreti: Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi, Farid Sajadi Hosseini, Mina Sadati. Origine: Iran/Francia, 2016. Durata: 125′.