Lo sport è stato un tema in vista della 19^ Festa del cinema di Roma, con tanti documentari – dallo sci all’automobilismo, dal tennis al calcio – e pure un film di finzione dei fratelli Manetti, reduci dai Diabolik.
Se i film sulla Ferrari stanno diventano un filone a sé, da Rush a Ferrari di Michael Mann, merita attenzione l’americano Ferrari: Fury & The Monster di Steve Hoover, inserito tra le proiezioni speciali. È la storia della casa di Maranello a partire dal suo modello più ricercato e amato dai collezionisti, oltre che il più pagato, la Ferrari 250 GTO del 1962, detta anche “mostro”. Il protagonista è l’ingegnere Mauro Forghieri, che di quel mezzo fu l’artefice e che ripercorre i suoi anni alla Ferrari, dal 1961 al 1987. Si parte da poco prima, dal tragico incidente della Mille miglia del 1957 già centrale nella pellicola di Mann, con cui quest’opera condivide diversi luoghi a partire dal cimitero di Modena. La crisi che seguì portò a un azzeramento ai vertici della scuderia e l’ingresso, con un ruolo di primo piano, del giovanissimo Forghieri, cresciuto nei dintorni e figlio di un meccanico ferrarista. Si arrivò così al modello del titolo, di cui furono prodotti solo 39 esemplari, che si distinse subito per prestazioni e aspetto. I ricordi e i racconti si srotolano per ripercorre circa tre decenni del Cavallino rampante, fino agli ‘80, tra successi e tragedie, con protagonisti come Niki Lauda e Gilles Villeneuve. Curiosa però la scelta di Hoover, che non mostra mai le immagini degli incidenti, utilizzando ellissi temporali anche per momenti che hanno segnato la memoria di appassionati e non. C’è anche l’aspetto del collezionismo e della relazione tra l’immagine della Ferrari come vettura vincente e la vendita dei suoi costosissimi mezzi. Tra gli intervistati figura il batterista Nick Mason, pilota a sua volta e collezionista di automobili, che racconta un gustoso e poco noto retroscena tra la Ferrari e i Pink Floyd.
Si è parlato parecchio de La valanga azzurra di Giovanni Veronesi, già uscito in sala come evento di pochi giorni con un incasso non esaltante di circa 60.000 euro. Un documentario sportivo sui generis, firmato dal regista toscano di Manuale d’amore, che per la prima volta si cimenta con il cinema del reale. Così l’opera è un po’ irrituale, con un tocco di irriverenza che di solito non si trova in operazioni analoghe, ma comunque celebrativa di un momento irripetibile. Veronesi parte dalla propria passione per lo sci e dai trascorsi agonistici da bambino, chiusi da una caduta ai Campionati italiani giovanili nei primi anni ‘70. In contemporanea stava prendendo forma la “valanga”, trascinata dai successi di Gustav Thoeni fino alla formazione di uno squadrone. Il regista, con l’aiuto dello scrittore Lorenzo Fabiano nella ricostruzione, incontra i protagonisti, da Thoeni, Piero Gros o Paolo De Chiesa (a tutti dice “volevo essere te”), si fa confessare retroscena ed emozioni, senza dimenticare le polemiche del periodo.
Tra i lavori celebrativi, da menzionare Eroici! 100 anni di passione e racconti di sport di Giuseppe Marco Albano, che parte dal centenario della Gazzetta dello sport, per esplorare quel che lo sport ha rappresentato e rappresenta e cosa evoca nella nostra società.
Già passato Fuori competizione il bel Nasty – More Than Just Tennis del romeno Tudor Giurgiu sul celebre tennista Ilie Nastase. Un documentario tennistico non rivolto solo agli appassionati e dallo stile avvincente, che riporta alla luce un atleta che contribuì a cambiare lo sport ma non è molto ricordato. Il regista romeno (noto soprattutto per le opere di finzione Love Sick e Libertate) ricostruisce a partire dall’anno cruciale 1972, con la vittoria di Nastase agli Us Open accompagnata dalle finali a Wimbledon e in Coppa Davis. Contribuiscono al racconto tanti testimoni, dall’amico e compagno di squadra (e poi manager) Ion Tiriac ai rivali Jimmy Connors e John McEnroe a Bjorn Borg, Boris Becker, Yannick Noah e Mats Wilander, illustrando le caratteristiche di un tennista che ha portato il tennis da sport d’élite a popolare, rendendolo spettacolare anche con i siparietti e le proteste con gli arbitri. Giurgiu usa interviste e tanto materiale d’archivio per raccontare lo sport oltre Cortina di ferro, i trucchi per guadagnare qualcosa (Tiriac e Nastase compravano beni e merci che rivendevano a Bucarest), l’aiuto prestato alle connazionali Ruzici e Simonescu a entrare nel circuito tennistico internazionale, il clima creatosi intorno alla finale di Davis in casa. E si arriva fino al 1989 e la caduta del regime di Ceausescu.
Più strettamente biografico è Maestro, Il calcio a colori di Tommaso Maestrelli di Francesco Cordio e Alberto Manni, ovvero la storia dell’allenatore del primo scudetto della Lazio. Una squadra che fece epoca, guidata da un tecnico all’avanguardia fautore di un “calcio totale”, capace di gestire uno spogliatoio fin troppo vivace e giocatori ancora poco conosciuti. Il film unisce le testimonianze dei figli, dei calciatori, di giornalisti e tanto materiale d’archivio.
Si passa alla fiction per U.S. Palmese di Antonio e Marco Manetti, con Rocco Papaleo, Claudia Gerini e Massimiliano Bruno. Una commedia sportiva ambientata in Calabria, tra sport dilettantesco e sogni di grande calcio, annunciata in uscita il 25 marzo.
Nicola Falcinella