Killer per caso? Quando la smetteranno i distributori italiani di confezionare titoli a dir poco stravaganti? Qualcuno potrà obiettare che di Hitman (senza spaziatura) c’era già un film del 2007, e un altro Hitman (senza spaziatura) Agent 47 ispirato a una serie di videogiochi. Ma “Killer per caso”…
Anche perché Gary Johnson, protagonista dell’ultimo scoppiettante film di Richard Linklater, regista che non sbaglia un colpo, non è propriamente un killer per caso, anzi i panni del killer, lui che insegna psicologia, li veste unicamente per servire in incognito la polizia di New Orleans.
Ispirato da un articolo di cronaca nera letto circa vent’anni fa sul Texas Monthly, Linklater e l’attore Glen Powell (mutaforma nei panni di Gary), qui anche in veste di co-sceneggiatore, scrivono una commedia noir leggera in apparenza, ma che racconta molto sull’America oggi.
Gary è un professore di psicologia che vive, in apparenza, senza sussulti. Divorziato, non ha figli, vive di mediocri ritualità in compagnia di due gatti. Questo è ciò che appare in superficie davanti ai suoi studenti, sorpresi quando quell’insegnante un po’ goffo li invita a vivere pericolosamente, a non mediare troppo tra ES e Super IO a favore della coscienza morale. Cosa direbbero se vedessero il loro pacifico professor Johnson collaborare come informatico per il dipartimento di polizia, ma soprattutto vestire poi i panni di un killer sotto copertura per incastrare individui che lo assoldano per far fuori altri individui? Sorprendentemente abile, Gary modifica il proprio aspetto, adeguandosi alla persona che incontrerà per estorcerle e registrare le parole magiche che, con la mazzetta in denaro, la incastrerà. C’è davvero di tutto, una galleria di personaggi anche insospettabili: dal pensionato all’adolescente incazzato, dal vicino indispettito all’erede deluso.
Quando incontra la fascinosa Madison (Adria Arjona), decisa a far fuori il facoltoso nonché autoritario marito, Gary, che si presenta come Ron, invece di incastrarla, la dissuade. Madison lascia il marito e si lascia sedurre da Ron/Gary. Nasce una passione irrefrenabile e nascosta, che metterà a rischio la copertura di Gary, soprattutto quando Ron verrà contattato dall’ex marito di Madison che, a sua volta, vorrebbe far fuori la moglie, innescando una serie di eventi rocamboleschi e trasformando il film in un delizioso oggetto cinematografico a cavallo tra screwball comedy e noir.
Capace di muoversi con eleganza tra i generi, anche all’interno di uno stesso film, Linklater mette a segno un’opera magistrale, confezionata per divertire il grande pubblico, ma senza rinunciare all’autorialità. In Hit Man torna il tema caro della scoperta del sé, e della definizione di ciò che si è attraverso l’agire; questa volta assistiamo ad un autentico ballo in maschera. Il professore placido, imperturbabile, che arrotonda mettendo le sue competenze a servizio di un team di poliziotti e di un finto killer, si trova per un caso fortuito a doverlo sostituire, scoprendo di provare un piacere profondo nell’essere qualcosa che nella vita reale non gli assomiglia lontanamente. Gary è uno nessuno centomila volti, davanti a centomila casi umani, persone di ogni estrazione sociale e culturale con profili caratteriali diversissimi: tutti potenziali assassini per interposto killer. Davanti ad ogni individuo Gary si modella, certamente per estorcere abilmente la frase che intrappolerà chi occupa l’altra parte del tavolo (quasi sempre in un anonimo bistrot), ma anche per il gusto della commedia, dell’interpretazione perfetta di un personaggio che nel profondo forse è parte di Gary. Il killer è la sintesi perfetta di un IO che risponde alle spinte dell’ES e all’esercizio di contenimento del super IO. Almeno fino a quando non arriva Madison che si porta dietro Ron, anche lei trasformista, alle prese con un personaggio che ne mette in scena un secondo e poi un terzo e…
Linklater e Powell infiammano il loro script con trovate comiche in un contesto che si fa via via noir, per spingere verso un finale sorprendente, dove, tra ribaltamenti di ruoli e maschere che cadono, emerge, fino a quel momento sommerso, un corpo velenoso, il simulacro di un’America cinica, che ha addomesticato la violenza, innestandola nella propria tradizione culturale. La violenza, addirittura, come generatrice d’amore, come passaggio obbligato per dare corpo ai sogni. Varianti di sogno americano? A quale prezzo?
Il sogno è un altro tema caro a Linklater, sogno e realtà, sogno e immaginazione, inconscio individuale e collettivo, la battaglia appunto tra ciò che si è, ciò che si vorrebbe essere, ciò che per pudore non si è. La vita è un sogno la trilogia Before, Waking Life, la quasi autobiografia Apollo 10 e mezzo, titoli da una delle più interessanti avventure cinematografiche contemporanee.
Hit Man è semplicemente da vedere, da godere.
Vera Mandusich
Hit Man
Regia: Richard Linklater. Sceneggiatura: Richard Linklater, Glen Powell. Fotografia: Shane F. Kelly. Montaggio: Sandra Adair. Musiche: Graham Reynolds. Interpreti: Glen Powell, Adria Arjona, Retta, Austin Amelio, Molly Bernard, Ritchie Montgomery, Mike Markoff. Origine: USA,2023. Durata: 113′.