Sembrerebbe soltanto l’ennesima provocazione cappa e spada made in America, tutta incastonata di brillantini hollywoodiani, rifrazioni caramellose e mirabolanti combattimenti pensili, invece no; o forse sì, ma solo in parte, perché alla fine della fiera quello di Hansel e Gretel non è né un trasferimento né un’adozione a casa di zio Sam, piuttosto una temporanea trasferta: questi due incivili spacconi, interpretati da Jeremy Renner e Gemma Arterton, conservano sempre quel non so che di settentrionale che, pur non incarnando neanche alla lontana il Sacro Spirito del Nord, freme impercettibile tra una spingarda steampunk, un colpo da karateka e più proletarie botte da orbi tra umani e streghe, umani e umani, umani e diavolacci. Regalando persino qualche incursione nel cinema d’essai, quello di Burton (che curiosamente è autore di un omonimo mediometraggio anni Ottanta), e che qui sembra omaggiato nelle tante scenografie goticheggianti, nei fasti sepolcrali di antichi borghi britannici, e soprattutto nelle streghe dal naso ricurvo e verrucoso. Il merito è però di tale Tommy Wirkola, norvegese purosangue, che dopo aver inaugurato il genere nazi-zombesco con Dead Snow (2009), porta tenebre, boschi e mostri nei più solari perimetri geografici e mentali del multisala, mescolando delirio splatter alle più conservatrici istituzioni statunitensi. Le coincidenze non finiscono qui, comunque, perché il dietro le quinte di Hansel e Gretel brulica di riferimenti norreni, da Atli Örvarsson, musicista, alla bella maga Mina (Pihla Viitala), che a suo tempo recitò in un horror islandese, Reykjavik Whale Watching Massacre (2009), fino allo svedese Peter Stormare, assoldato assieme a fattucchiere, befane e megere per far rivivere un villaggio tardo-medievale ancora alle prese con i roghi.
Dei fratelli Grimm resta giusto una memoria offuscata, sedotta dai canditi intagliati nelle porte di cioccolata, i tetti di marzapane, i dolciumi e le leccornie che tentano nel prologo gli sperduti gemelli, abbandonati dai genitori (forse) per penuria di cibo, e che proprio per causa loro provocheranno in Hansel il diabete, in Gretel il risveglio ormonale di forze ancestrali e pericolose. Il primo diverrà allora un baldo giovinotto equipaggiato di insulina e armi retro-futuristiche, balestre, archibugi e pozioni, la seconda un’eroina cazzuta ed emancipata per mandare in solluchero le femministe più intransigenti, entrambi figli di Matrix nerovestiti e con un senso della giustizia tutto loro. Certo, le streghe sono quasi tutte cattive e il rogo (oppure la decapitazione, i fratelli ne fanno spesso oggetto di discussione metodologica) la soluzione più efficace per eliminare l’incomodo, ma se il film di Wirkola sguazza nelle budella per svicolare dalla storiografia, lo spettatore non potrà che esserne soddisfatto e godersi uno spettacolo spegnicervello a base di frattaglie e cattiverie assortite. Le vecchie sono quanto di più godurioso il cinema della paura abbia inscenato negli ultimi anni, tutte incartapecorite, impettite in bustini “aristocratic gothic” (è il termine tecnico, davvero), calze a rete stracciate, strascichi di pizzo, organza e giubbotti da urlo che nel Medioevo non esistevano, ma oggi sì.
Ma l’assurdo supremo, quel momento catartico che ogni pellicola deve presentare almeno in forma trina, è forse frutto dei combattimenti spadaccini, inseguimenti a cavallo di scope, sabba e tregende che al plenilunio prendono forma tra infanticidi e sacrifici demoniaci; la caccia alle maliarde ricorda l’inizio di Do You Like Hitchcock? (2005), a sempiterna dimostrazione che l’italico genio, quando non copiato, è almeno citato, mentre il finale è un acutissimo pastrocchio di cattivo gusto a base di mattanze videoludiche: non sarà Rob Zombie, ma il pandemonio è assicurato sotto un cielo di sangue, e tra siamesi dagli arti mutanti, troll spaventosi, creature dell’oscurità e oscure presenze, ci si diverte tanto quanto basta per giustificare il costo del biglietto. Una chicca su tutte? Il mercenario cacciatore di streghe, sguinzagliato dal perfido sceriffo di Augsburg, che subisce un’oscena maledizione: costretto a nutrirsi di cose viscide e appiccicose, farà ingordigia di vermi e per causa di questi scoppierà in un tripudio di intestina, bruchi e lombrichi.
Marco Marchetti
Regia: Tommy Wirkola. Sceneggiatura: Tommy Wirkola. Fotografia: Michael Bonvillain. Montaggio: Jim Page. Musica: Atli Örvarsson. Interpreti: Jemery Renner, Gemma Arterton, Famke Janssen, Pihla Viitala, Peter Stormare. Origine: USA, Germania. Durata: 88 min.