“…brutal, insistingly unsentimental, sometimes disturbing, diverse, political, but always poetic” è il commento del presidente della giuria Thomas Vintenberg riguardo i lungometraggi della sezione Un Certain Regard, che ieri sera ha annunciato i primi vincitori di Cannes:
L’image manquante di Rithy Panh vince il premio per la sezione Un Certain Regard. Il regista, franco-cambogiano, esplora attraverso la sua voce narrante la dittatura cambogiana degli anni ’70, mostrando l’evidenza della sua crudeltà con il racconto della morte nella sua famiglia. Il talento riconosciuto al lavoro è stato fin dall’inizio quello della composizione del flusso di immagini di materiale propagandistico, nella realtà diametralmente opposto alle atrocità significanti della dittatura. Questo perché ai tempi la legge impedì qualsiasi documentazione delle azioni militari in paese. Interessante utilizzo anche della clay animation.
Fruitvale Station di Ryan Coogler – premio Avenir. Acclamato lo scorso gennaio al Sundance Film Festival, Coogler accompagna il giovane Oscar Grant attraverso la zona di San Francisco bay, il giorno prima che trovi la morte nella fermata della metropolitana di Fruitvale. La giornata è satura di eventi e sensazioni, spesso contraddittori rispetto ai doveri del ragazzo, che comincia a maturare la voglia di semplificare la sua vita. La storia di Cary corrisponde a fatti realmente accaduti.
Omar di Hany Abu-Assad si aggiudica il premio della Giuria. Impeccabile nel dispiegarsi della sceneggiatura, a mio parere il vero vincitore della sezione di questo Cannes 66. Omar è il protagonista, pronto alla ribellione contro il teso clima in territorio palestinese. La sua energia spirituale è testimoniata dall’agilità con la quale scala il famoso muro, per schivare pallottole pericolosissime sulla sua sommità e raggiungere i compagni ribelli. Ma qualcosa va storto, e un giorno viene arrestato dalla polizia che insistentemente chiede i nomi dei suoi collaboratori. Omar mette a rischio la sua vita rimanendo in silenzio di fronte alle autorità, un gesto che sottolineerà altri tradimenti che lo riguardano da vicino, soprattutto in tema amoroso. Abu-Assad riceve in sala parecchi applausi, al punto che si vociferava che potesse aggiudicarsi il premio Un Certain Regard. Ne esce comunque vincitore, apprezzato prima come narratore di sentimenti umani e poi come descrittore di contesti storici, che pur rimanendo in secondo piano raccolgono dal pubblico la forza necessaria per essere contestati.
L’inconnu du lac di Alain Guiraudie – premio per la Regia. Sulla riva di un lago, tranquilla e appartata, nascono storie d’amore e di sesso -esplicitamente rese – fra uomini. Franck si innamore di Michel, con il quale non ha ne un rapporto d’amicizia ne di fredda passione istintiva. La scelta della descrizione in campo dei momenti più carnali dei loro rapporti finisce per disturbare il pubblico poco preparato, che contesta le scelte del regista così espicite, dal suo punto di vista naturali e per nulla pornografici.
La Jaula de Oro di Diego Quemada Diez – premio Un Certain Talent. L’odissea di tre ragazzi del Guatemala che decisi attraversano i territori verso il Nord America a cavallo di un treno merci – sul quale salgono la prima volta con molta fatica, annunciando la difficoltà generale dell’impresa. Il lungo viaggio viene interrotto dalla violenza e dalla corruzione della quale è composta la zona sud americana. Fra i tre c’è pure una ragazza che, in apertura del film, si taglia i capelli di nascosto, per mascherare la sua femminilità ed incontrare – forse – meno ostacoli lungo il suo cammino.
Purtroppo Valeria Golino (Miele) si accontenta di una segnalazione da parte della giuria ecumenica, e rientra in Italia senza alcun premio. Sicuramente però il pubblico che non era presente a Cannes avrà la possibilità di vederlo nei cinema italiani.
Peccato anche per l’opera di Hiner Saleem I love pepperland: il vero protagonista è il Kurdistan, una regione devastata dal potere ora assente di Saddam Hussein, che cerca di rinascere dalle sue rovine tendendo a nuovi stimoli occidentali – le prime istitutrici negli angoli più sperduti, come la protagonista, giovanissima e fiera delle sue piccole conquiste nei confronti di poteri tribali difficili da estirpare. Simpatici ed essenziali i dettagli della storia del poliziotto che si ritrova, assieme alla ragazza, nello stesso villaggio sperduto. Chi di meglio di un poliziotto a mostrare la confusione del popolo nel progettare un nuovo paese?
da Cannes, Giulia Peruzzotti