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Favolacce

La fiaba dark dei fratelli D'Innocenzo on demand

Quanto segue è ispirato a una storia vera, la storia vera è ispirata a una storia falsa, la storia falsa non è molto ispirata. Con le parole recitate da Max Tortora, un narratore che non vedremo mai nel corso del film, si apre il sipario sulla favolaccia raccontata dai fratelli D’Innocenzo che, fieri, stringono tra le mani l’Orso d’Argento per la miglior sceneggiatura aggiudicatosi alla 70ma edizione del Festival del cinema di Berlino.

Damiano e Fabio D’Innocenzo, classe 1988, hanno iniziato ad attirare l’attenzione del pubblico e della critica nel 2018, grazie al realismo crudo della loro opera prima La terra dell’abbastanza, presentata all’interno della sezione Panorama della 68esima edizione del Festival del cinema di Berlino e sbancando ai Nastri d’Argento 2018 conquistandosi i seguenti premi: Miglior regista esordiente, Nastro d’Argento speciale alla miglior sceneggiatura e Miglior opera prima; dopo aver firmato la sceneggiatura di Dogman di Matteo Garrone (2018) si sono ufficialmente inseriti nel panorama del cinema indipendente italiano, quello molto apprezzato all’estero e poco in patria, per intenderci.

C’era una volta una periferia romana imperfetta, come tutte le periferie. C’era una volta un’estate italiana e i suoi colori caldi, il tepore, le cene in giardino e il canto delle cicale. C’era una volta una famiglia, anzi due, forse tre e le graziose villette a schiera, e ci sono ora l’incomunicabilità, la violenza, l’abbandono, la disillusione.
I maghi, le streghe cattive e i lupi feroci sono i genitori, i figli, i vicini di casa, gli insegnanti e, forse, siamo noi che con il dito puntato giudichiamo gli sguardi invidiosi e i sorrisi ipocriti di una comunità sterile dalla quale prendiamo le distanze con superbia e sdegno, ma all’interno della quale conduciamo le nostre vite in assoluta tranquillità.

Con l’amaro in bocca si gusta la vicenda, una fiaba dark come definita dagli stessi registi, che non è nient’altro che un susseguirsi di immagini da “vita di tutti i giorni” studiate meticolosamente, pregne di un’intelligenza spaventosa, vivida e reale. I due registi romani scelgono di farci vedere ciò che inconsciamente rifiutiamo, proprio perché contraddistinto da un cinismo quotidiano e tangibile. Se ne La terra dell’abbastanza abbiamo osservato la fotografia sgranata di una Roma orfana, che ci ricorda quella di Claudio Caligari, in Favolacce i giovani protagonisti sono abbandonati a loro stessi, in balia di un mondo di adulti meschino e senza remore, ripudiati dalle loro famiglie. Un ripudio che si percepisce dalla scelta dei D’Innocenzo di girare le scene più violente fuori campo, alternate a stretti primi piani e soggettive che ne sottolineano la più cruda ferocia. Una sostanziale novità nel cinema in evoluzione dei D’Innocenzo è la scelta di posizionare la camera fissa e lontana dall’azione che si svolge, al fine di enfatizzare l’indifferenza del mondo esterno su quello che accade. Come ammesso da Elio Germano, che interpreta uno spietato, quanto vigliacco, Bruno Placido, spesso non si sapeva dove fosse posizionata la camera proprio perché Fabio e Damiano ci tenevano che si creasse una connessione profonda con la storia e i personaggi.

Anche la scelta del cast di attori, molti dei quali per la prima volta sullo schermo, non è casuale: il mondo degli adulti ha un volto duro e segnato, mentre quello dei più giovani ci presenta gli occhi del disincanto più malinconico. Iconica la scena nella quale i fratelli Placido, interpretati dai giovanissimi e talentuosi Tommaso Di Cola e Giulietta Rebeggiani, si guardano in silenzio, seduti al tavolo della cucina e con gli occhi pieni di lacrime, illuminati dalla sola luce naturale della notte più cupa e fredda, poco prima di compiere la più atroce delle vendette nei confronti di un mondo senza padri e madri. La fotografia, anche per la seconda opera dei registi, è affidata a Paolo Carnera che fa da perfetto corollario ad una scrittura sofisticata e ben solida.
In fin dei conti nessuno di noi sa ciò che è vero, ma sembra falso e ciò che è falso, ma sembra vero; ciò che è certo è che sia arrivato il momento per il cinema italiano di raccontare favolacce.

Tatiana Tascione

Favolacce

Regia, soggetto e sceneggiatura: Damiano e Fabio D’Innocenzo. Fotografia: Paolo Carnera. Montaggio: Esmeralda Calabria. Interpreti: Elio Germano, Barbara Chichiarelli, Gabriel Montesi, Max Malatesta, Ileana D’Ambra, Giulia Melillo, Lino Musella, Justin Korovkin, Tommaso Di Cola, Barbara Ronchi. Narratore: Max Tortora. Origine: Italia/Svizzera, 2020. Durata: 98′

Disponibile on demand dall’11 maggio: SkyPrimafila, TimVision, Chili, Google Play, Rakuten tv, Infinity, CG Entertainment.

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