Continuano le sorprese al Far East Film Festival di Udine. A chiudere il week end dedicato al cinema di Hong Kong è salita sul palco udinese l’attrice Sandra NG, interprete e produttrice di Golden Chickensss, terzo episodio di una serie di divertenti commedie sexy che hanno per tema la prostituzione. Sandra NG, gran dama del cinema hongkonghese odierno, è piacevolmente scurrile in questo film satira impreziosito da un evidente affetto per Hong Kong e i suoi abitanti. Sono però altri i film visti domenica 27 aprile che segnaliamo: The Raid 2: Berandal e Dynamite Fishing ed il notturno Girl’s blood.
The Raid 2: Berandal
Prime time dedicato a The Raid 2: Berandal, il super action del regista Gareth Evans, sequel del cult The Raid: Redemption di cui pare sia in lavorazione il remake hollywoodiano. Anche il nuovo capitolo è una produzione indonesiana girata dal gallese Evans, trasferito da anni nel paese asiatico dopo essersi innamorato del pencak silat, la locale arte marziale. In The Raid 2 assistiamo ad una nuova missione dell’agente Rama, questa volta infiltrato nella criminalità organizzata di Jakarta per proteggere la propria famiglia e scoprire la corruzione nella polizia. Applausi a scena aperta per questo film che è action al 100%: nessun approfondimento psicologico, nessun raffinato background, nessun riferimento sociopolitico, solo tante, impressionanti e perfettamente coreografate mazzate. Se amate i film d’arti marziali questi due film non potete decisamente perderli, nell’attesa che dall’Indonesia arrivi un terzo capitolo ci auguriamo ancora più mozzafiato.
The Raid 2: Berandal di Gareth huw Evans, Indonesia 2014. Durata 148 minuti
Da Udine, Massimo Lazzaroni
Dynamite Fishing
Il barrio filippino come Ceppaloni. In un villaggio su una piccola isola è la vigilia delle elezioni e tutta la comunità è in fermento. Il voto di scambio è alla luce del sole e alcuni emissari dei candidati sindaci si danno un gran daffare per conquistarsi l’appoggio dei compaesani: vicolo per vicolo, casa per casa, famiglia per famiglia, si assicurano il voto offrendo in cambio qualche piccolo benefit che in una situazione di povertà estrema può fare davvero comodo. Se sei solo puoi accontentarti di qualche banconota, se hai una famiglia numerosa porti molti voti e riesci a racimolare anche una cifra cospicua; se sei un sostenitore di lunga data puoi addirittura ottenere un motore nuovo per la tua barca o un aiuto economico per mandare i figli a studiare all’estero. Così il vecchio Ponso e il figlio Lando battono le polverose stradine del quartiere, incrociando bambini che corrono qua e la sciabattando, ragazzi che bighellonano sornioni, uomini, donne ed anziani che salutano riconoscenti ed espongono i propri problemi, sapendo che arriverà qualche banconota per alleviarli. Una dimensione in cui la politica non è più la ricerca del bene comune ma quella di un proprio tornaconto personale; e tutta la comunità lo fa a carte scoperte, con semplicità, candidamente. Diversamente da quanto accade da noi, ove la morale politica di esponenti di partito decisamente più sobri e responsabili suggerisce di farlo sottobanco. Ma anche nella sperduta isoletta del pacifico è radicato lo Scilipotismo, pure il più insospettabile dei compaesani può essere disposto a rimangiarsi la parola data in cambio di un’offerta economica ancora più allettante. In particolare in questo angolo di mondo lo Scilipotismo prende il nome di “Dynamite Fishing” e funziona pressappoco così: durante la notte che precede le votazioni, uomini al soldo degli avversari politici fanno visita alle persone che hanno promesso il voto all’altro candidato. In cambio di una lauta ricompensa ti colorano il dito con un inchiostro indelebile nero; si tratta dello stesso inchiostro che verrà utilizzato il giorno seguente dagli scrutinatori per evitare che gli elettori che hanno già votato si presentino nuovamente al seggio. Manomettendo così questa sorta di curioso certificato elettorale si ottiene che l’avversario politico ottenga meno voti di quanti se ne è comprati. La comparsa della dinamite nel villaggio esaspera i rapporti, corrode i nervi, incattivisce gli animi. In breve la contesa politica si trasforma in una caccia all’uomo a mano armata: affinché l’esito dello scrutinio sia soddisfacente entro l’alba la dinamite va disinnescata, costi quel che costi, ogni mezzo è lecito.
DYNAMITE FISHING Di Chito S. Roño. Filippine, 2013
Girl’s blood
Si presenta come il classico filmetto giapponese disimpegnato e fine a se stesso con belle ragazze, tante botte e abbondanti primi piani di seni e natiche a favore di camera. In realtà si tratta (anche) di qualcosa di più: un’opera più matura di quello che vorrebbe dare ad intendere. La trama principale narra le vicende di un club privé in cui un rumoroso ed arrapatissimo pubblico assiste a degli incontri di simil-catch tra prosperose valchirie o innocenti lolitas agghindate di tutto punto in una coloratissima estetica cosplay; in questo contesto tra il sexy e il faceto fanno capolino però anche tematiche profonde, come quella della dolorosa ricerca dell’identità sessuale, e un paio di scene erotiche tanto spinte quanto magistralmente realizzate dal punto di vista formale, che tracciano un fil rouge con la tradizione dei migliori pinku eiga.
GIRL’S BLOOD di Koichi Sakamoto – Giappone, 2014
Da Udine, Michele Orlandi