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Fahrenheit 451: l’apocalisse dal volto (dis)umano

L’apocalisse ha mille e un volto. Non necessariamente distrugge, devasta e annienta, con tanto di mirabolanti effetti speciali. Non necessariamente la catastrofe è morte, sangue, macerie. Forse, si dovrebbe quasi sperare fosse proprio così: almeno la si vedrebbe, e saremmo tutti d’accordo nel dire: “Eccola, la fine, ecco che aspetto ha”. Ma purtroppo o per fortuna l’apocalisse spesso non ci coglie di sorpresa, anzi, ci fa così poco male che, se mai ce ne si rende conto, è ormai troppo tardi. Questo ci racconta il Truffaut di Fahrenheit 451, un Truffaut visionario, che gioca con la fantascienza di Bradbury, e che per questo ricevette tutte le critiche del caso, ma che oggi potremmo quasi chiamare veggente. Stiamo parlando di un film del ’66, da cui ci dividono quasi cinquant’anni di storia. Nel frattempo, le cose sono cambiate: adesso per un maxischermo ci s’indebita, guardare la tv è considerato un hobby come un altro, il televoto ci fa sentire importanti, e alla fine, se anche tutti si lamentano che la tv di oggi “non è più quella di una volta”, alla fine è difficile trovare una casa in cui non ce ne sia almeno una (se non una per stanza). Ma non solo: siamo nell’era di internet, in cui tutto è riassunto e immediatamente fruibile; siamo nell’epoca dei concorsi letterari per sms, e in cui al supermercato si vendono i libri a peso; siamo nell’epoca del post e del twit, ma anche dell’ebook e del tablet, e così anche il peso fisico del libro viene meno, così come il piacere di chiosarlo, o anche solo quello di voltare pagina. Che cosa ci allontana allora in fondo dalla giovane e bella Linda e dalla “famiglia” con cui trascorre le giornate intere? Chi non ha la sua personale “cugina Claudette”? Forse ci mancano unicamente la divisa e il fuoco: in fondo, se un incendio dimostrativo attira la folla e fa proseliti, d’altro lato costringe a guardare, dando ancora l’occasione di inorridire. Ma noi siamo senza fuoco e così anche, purtroppo, senza uomini-libro. La nostra apocalisse è l’apocalisse della memoria. Ma se, come ci dice il capo dei pompieri, «l’unico modo per essere felici è di sentirci tutti uguali», allora l’obiettivo è quasi raggiunto. E allora, si dirà, quest’apocalisse non è poi tanto male.

Monica Cristini

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