RecensioniSlider

Eisenstein in Messico. Ejzenštejn in Greenaway

eisensteinDopo un lungo periodo di produzioni transmediali e tableau vivant, dove il cinema spesso è diventato un tassello di un racconto ad ampio respiro e che ha trovato passaggi narrativi in contesti diversi da quelli della sala (dalla galleria d’arte al teatro), Peter Greenaway torna al film per il film grazie ad un altro regista: Sergej Ejzenštejn, più in vita che mai nell’interpretazione originale di Elmer Bäck. Ma siccome a Greenaway non sono mai interessate le operazioni scontate, come potrebbe essere il biopic su un artista, nonostante il genio in questione sia quello uno dei più grandi cineasti russi della prima metà del Novecento (insieme a Vertov), la vena visionaria del regista britannico si concentra sui dieci giorni che Ejzenštejn passò in Messico, nella cittadina di Guanajuato.
E’ il 1931, a 33 anni il nostro è già un regista acclamato, anche se arriva da una deludente esperienza hollywoodiana. Ha riscritto tecnica e linguaggio della giovanissima arte cinematografica, fissando le coordinate concettuali del cosiddetto “montaggio delle attrazioni”, attraverso film che si impongono come esperienze visive inedite: Sciopero!, La corazzata Potëmkin, Ottobre. In Messico cerca ispirazione per concretizzare il progetto (che non porterà a termine) di Que viva Mexico!, un documentario con inserti recitati sulla rivoluzione del 1911, con l’intento di evidenziarne le affinità con quella russa. A causa dei pressanti “inviti” di Stalin a lasciare celermente le terre americane, Eisenstein-in-Messicol’enormità di materiale girato viene portato negli Stati Uniti dal romanziere Upton Sinclair, finanziatore del film, e in seguito utilizzato per montare diversi film, tra cui Lampi sul Messico, disconosciuto da Ejzenštejn.
Greenaway lascia le vicissitudini del progetto amputato ai margini del suo film, sfocato sullo sfondo di una storia che mette al centro ben altre passioni, una ricerca che dal cinema si sposta sull’identità sessuale del regista, sul rapporto tra eros (imbrigliato) e thanatos (liberato) in ogni sua creazione. Sotto la guida di Palomino Cañedo (Luis Alberti), a cui è stato affidato, Ejzenštejn non scopre soltanto un paese suggestivo e affascinante, in cui morte e sesso sembrano percorrere attivamente ogni vita, come archetipi ancestrali e come esperienza vivificante; ma soprattutto la sua omosessualità e il piacere dell’amore con un altro corpo, naturalmente iniziato dallo stesso Palomino (che pure ha moglie e figli).
Lontano dalla Madre Russia omofobica, Ejzenštejn trasfigura Guanajuato nel suo paradiso dei sensi, portando in superficie un sommerso che trovava espressione su carta, in disegni erotici, estranei alla pellicola e agli obiettivi della sua macchina da presa. Tutto lì in potenza, in attesa di lacameraun contesto ideale, come la viscerale America Latina, ovvero l’antipodo.
Greenaway chiede a Elmer Bäck di trasformare un corpo buffo e goffo in un’aperta dichiarazione di libertà (anche se di libertà a tempo si tratta), eccitato dalle brezza di sensazioni inedite e in aperto contrasto con le imposizioni di regime, sedimentate nell’inconscio, nonostante il cinema. La perdita della verginità è sequenza che mette insieme umorismo e poesia, per giungere delicatamente (e con un filo d’olio ad attenuare il dolore per l’inaspettata rivelazione) alla constatazione che la rivoluzione nella persona del regista Ejzenštejn sarà senza dubbio più sporca e rumorosa della rivoluzione del ’17.
Il racconto procede, come era stato nel miglior Greenaway degli anni Ottanta e Novanta, per frantumazioni di campo visivo (split screen) e di tempo, in una goduriosa ricombinazione di immagini di repertorio e ricostruzione fantastica di interni (come la camera da letto del regista sotto-illuminata o l’incredibile hall dell’albergo), mettendo a servizio il piano-sequenza alla definizione di uno spazio in trasformazione, specchio della metamorfosi del suo illustre inquilino.
Ma se ogni opera di Greenaway non sfugge ai colori della sua tavolozza rinascimentale e alla costruzione barocca dei set, sorprendenti metamorfiche macchine sceniche, come pure al piacere per la sperimentazione – componenti che spesso hanno sovraccaricato i suoi film (ma EISENSTEIN_In_MESSICO_by_Peter_Greenawayanche certe installazioni) di significanti – questa volta tutto pare sinergico a un racconto limpido, intellettuale e ironico al tempo stesso, che non nega in nessun momento l’ammirazione verso quello che definisce l’eroe della sua gioventù. “Ejzenštejn fu la mia grande fonte di eccitamento. In lui c’erano degli obiettivi alti e un’intelligenza cinematografica veloce e consapevole – nessun film muto americano si muoveva a una simile velocità e nessun film in generale conteneva una tale quantità di inquadrature – nonché una sorprendente violenza dell’azione unita a un’attrazione verso la violenza in sé. Avevo trovato il mio eroe cinematografico”.
Questa violenza straborda non solo dai film, ma pure dai diari, dalle illustrazioni, e non parliamo della violenza della storia, ma del modo di concepire le immagini, di frantumarle e poi associarle, in una costante attinenza tra uomo e Storia, senza la preoccupazione del vero. Questa eredità preme nel cinema di Greenaway (e in questo Eisenstein in Messico pure), materializzata però nella consapevole pratica di un’arte che vuole e deve provare ad evolvere in tutte le possibili direzioni, in un ventaglio che vede agli estremi il linguaggio e il supporto, passando per tutti gli sviluppi tecnologici. Il regista (che ha lungamente praticato il mokumentary) si sforza appena di dichiarare le fonti che supportano il racconto, conscio che la Storia non si può raccontare ma solo immaginare e che il cinema non può fare altro che sognare il vero. Proprio come tutta l’arte figurativa.

Alessandro Leone

Eisenstein in Messico

Regia e sceneggiatura: Peter Greenaway. Fotografia: Reinier Van Brummelen. Montaggio: Elmer Leupen. Interpreti: Elmer Bäck, Luis Alberti, Maya Zapata. Origine: Paesi Bassi/Messico/Finlandia/Belgio, 2015. Durata: 115′.

https://www.youtube.com/watch?v=fb364B6u1XE

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close