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Educazione siberiana

Nella città di Bender, il quartiere di Fiume basso è controllato dai siberiani, un gruppo di criminali con un rigido codice morale, dove la violenza si accompagna al rispetto incondizionato della propria comunità. Kolima e Gagarin crescono insieme a Fiume basso. Educati a credere e a rispettare quel codice, rimarranno amici fino a che uno dei due non deciderà di trasgredirlo.

edu3Nel caso di Educazione siberiana, la distanza tra l’opera letteraria e il suo adattamento cinematografico è, prima di tutto, un problema di struttura. Il libro è una lunga serie di accadimenti distinti e fitti di personaggi. Per il film, gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia (gli stessi, per capirci, de La meglio gioventù, Romanzo criminale, Mio fratello è figlio unico) riducono il numero dei protagonisti e raccordano gli episodi, per consegnare a Salvatores una narrazione che lo spettatore possa seguire senza smarrirsi, e che sia possibile ricondurre senza troppi sforzi ad un qualche tipo di linearità. E’ una scelta quasi obbligata, dettata dalla natura profondamente diversa dei due linguaggi: quello della narrazione scritta da una parte e quello cinematografico dall’altra.

A supporto di una rivisitazione così decisa sarebbe però servita una altrettanto forte visione registica. Ma è proprio questa visione quello che manca ad Educazione siberiana. Muovendosi nella direzione di un’inevitabile semplificazione, Salvatores finisce per perdere molto della sostanza della storia che ha per le mani. Lo scontro tra due diversi modi di vivere, quello violento ma fiero delle proprie tradizioni della comunità siberiana e quello altrettanto feroce ma del tutto privo di regole della criminalità organizzata, emerge a fatica e senza efficacia.

edu2Proiettati su di uno sfondo definito solo a tratti, i due protagonisti, Kolima e Gagarin, appaiono appiattiti e privi di una reale connotazione psicologica. Un limite che accomuna tutti i personaggi sulla scena, con la parziale eccezione di nonno Kuja. In questo senso, le figure di Mel e Vitalic appaiono le meno riuscite. I due sembrano avere come unica giustificazione della loro presenza il fatto di essere amici d’infanzia di Kolima e Gagarin. Appartengo alla vicenda senza modificarla. Se, per assurdo, fosse possibili sfilarli dal film, l’impianto narrativo non subirebbe nessuna conseguenza.

Un discorso a parte va forse fatto per le sequenze dedicate a mostrare l’educazione che i due giovani protagonisti ricevono dalla propria comunità, e affidate, interamente, alla tecnica del flashback. E’ un’educazione misurata su di una scala del tutto differente da quella che conosciamo. In cui la violenza non solo viene giustificata, ma anche incoraggiata. Dove tutto è mischiato ad una religiosità che in altri tempi si sarebbe detta eretica, e attraversato da un orgoglioso e intransigente senso di appartenenza. Se questi sono i momenti più compiuti del film, lo si deve solo in parte alla bravura di John Malkovich. E’ soprattutto una questione di senso: sono sequenze che non hanno lo scopo di portare avanti la narrazione. Sonoeducaz la trasposizione visiva di una serie di regole, che servono da premessa alla comprensione di quanto accadrà anni dopo. Il fatto che risentano di meno della mancanza di spessore dei personaggi che la abitano è un merito ottenuto quasi senza intenzione.

Con Educazione siberiana, Salvatores non riesce ad andare oltre un’opera ben girata, ma senza cuore (come si dice in questi casi) e nemmeno rabbia. Arriva senza energia ad un finale tutto sommato prevedibile. Come se, per tutto il tempo, si fosse trattenuto. A costo di sembrare ingenerosi, viene da dire che il film mostra un unico guizzo: la breve sequenza della giostra, coi protagonisti a lanciarsi contro il cielo bianco dell’ex Unione Sovietica, sulla musica di David Bowie. Lì, per un attimo, Salvatores sembra lasciarsi andare.

Matteo Angaroni

Educazione siberiana

Regia: Gabriele Salvatores. Sceneggiatura: Stefano Rulli, Sandro Petraglia. Fotografia: Italo Petriccione. Montaggio: Massimo Fiocchi. Interpreti: John Malkovich, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius. Origine: Italia, 2013. Durata: 110′.

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