Nel 1992 Parigi è uno dei maggiori laboratori di musica elettronica. Un gruppo di amici ventenni inizia a farsi largo come dj nelle discoteche della capitale, Paul (Félix de Givry) e Stan (Hugo Conzelmann), coadiuvati dall’amico illustratore Cyril (Roman Kolinka), vogliono far ballare i francesi con il sottogenere definito garage. L’house music si contamina con funk e disco, è il cosiddetto French Touch. Serata dopo serata il duo, denominato Cheers, inizia a spopolare, ma Paul, amante dei dj americani, sembra non riuscire a fare un salto definitivo a causa del continuo consumo di cocaina. Le discoteche cool diventano casa sua, ma le mode sono passeggere. Guy-Manuel e Thomas, ovvero i Daft Punk, rimangono costantemente fuori dalle piste, salvo poi creare uno stile originale con “suoni mai sentiti prima” che gli consacrerà a livello mondiale. Passano gli anni, il decennio si chiude con la consacrazione dell’elettronica, Paul e Stan non riescono a leggere i tempi e rimangono prigionieri della loro immagine statica, nonostante un tour negli States che sembra rilanciare le loro velleità e permette a Paul di rivedere la sua ex amante americana (Greta Gerwig) adesso incinta. Il viaggio però non aiuta la carriera dei Cheers. Paul viene abbandonato anche dalla fidanzata Louise (Pauline Etienne), che qualche anno dopo ritroverà madre di due bimbe.
Scorre inesorabile il tempo nei film di Mia Hansen-Løve, non più promettente, ma ormai affermata e originale cineasta francese. Come fu anche in Un amore di gioventù, la regista racconta i passaggi nodali della giovinezza, senza paura di scompattare i propri racconti con vertiginose ellissi temporali. Eden si dipana in sedici anni. Le evoluzioni dalla house alla techno, i suoi miti europei e americani, le sperimentazioni, le svolte, sono raccontate con trasporto, grazie anche all’apporto alla sceneggiatura del fratello della regista, che fu protagonista in quegli anni come dj. Ciò che però più interessa alla Hansen-Løve sono le persone, le relazioni umane, come queste vengano influenzate dal passare del tempo. Non diversamente da ciò che fa Assayas (che però ha ventisei anni in più e uno sguardo maturo), Mia Hansen-Løve chiede ai suoi attori capacità di rappresentare realisticamente un complesso spettro emotivo, perché gioie, angosce, speranze e frustrazioni, cadute e risalite, possano lasciare segni credibili sui corpi. E non si parla di capelli grigi o di qualche ruga, perché sul trucco il lavoro è scarso (volutamente). Il tempo lascia delle tracce negli sguardi. Paul osserva il suo pubblico festante e colorato diventare disinteressato, l’illusione del successo cede il posto alla constatazione di essere fallito e drogato. Il suicidio di Cyril, depresso, toglie gioia a ogni baldoria e fa emergere tutta la monotonia dello sballo fine a se stesso. Anche lo sguardo sull’amore sembra non maturare in Paul: Louise scappa quando capisce che nulla si rinnova, così come la “matura” americana aveva compreso di non poter fare eternamente l’amante; poi arriva Jasmine (la conturbante Golshifteh Farahani) lasciata quando Paul capisce che potrebbe essere donna e non semplice ragazzina.
Nel frattempo i due sfigati poco cool per poter entrare in certe discoteche, forti di un’idea originale di elettronica, che mette insieme e reinventa le avanguardie “creando suoni mai sentiti prima“, raggiungono il successo con Around the World, One More Time e Veridis Quo: “tutti non ascoltano che questa” – constaterà Paul, in uno dei momenti più struggenti del film. Ecco il French Touch, la malinconia di Paul, mentre tutto intorno il mondo cambia e sulle esperienze dei tanti Cheers di Francia nascono gli Air, Cassius, St. Germain e, ovviamente, i Daft Punk.
Vera Mandusich
Eden
Regia: Mia Hansen-Løve. Sceneggiatura: Mia Hansen-Løve, Sven Hansen-Løve. Fotografia: Denis Lenoir. Montaggio: Marion Monnier. Interpreti: Félix de Givry, Pauline Etienne, Hugo Conzelmann, Roman Kolinka, Greta Gerwig, Golshifteh Farahani, Vincent Macaigne. Origine: Francia, 2014. Durata: 131′.
