Arriva in sala Downsizing, il nuovo film di Alexander Payne, che ha addirittura avuto l’onore di aprire l’ultimo Festival di Venezia. Diciamo subito che, per chi scrive, il regista americano è da sempre un autore sopravvalutato; ha avuto troppe lodi per il furbetto Nebraska e forse il suo film migliore rimane Election, di ormai quasi venti anni fa.
Paul Safranek (Matt Damon) è un terapista un po’ sfigato che lavora in varie fabbriche cercando di rimettere in piedi operai che hanno problemi fisici. Sua moglie Audrey vorrebbe una casa più grande, ma la coppia ha già un mutuo corposo. Ci sarebbe però un modo di ridurre le spese familiari: il downsizing. Ovvero sottoporsi a una procedura inventata da uno scienziato norvegese, il dottor Asbjornsen, che consiste nel ridurre una persona a soli 12,9 centimetri di altezza. Il medico norvegese ha studiato e sviluppato il downsizing per rispondere alle ansie ambientali ed economiche che affliggono il mondo moderno, nasce perciò da una ricerca etica mentre la scelta di Paul è invece assolutamente economica. Come tutte le merci anche il downsizing diventa invece un prodotto di mercato: a Leisureland, così si chiama il villaggio-comunità autosufficiente dove dovrebbero andare a vivere, i Safranek saranno ricchi sfondati e potranno anche vivere senza lavorare. Così, nonostante le restrizioni di un’economia in crisi, ambiscono anche loro a coronare il sogno americano.
Questo inizio è accattivante e molto interessante, ma purtroppo è solo la prima parte del racconto: quando arriviamo a Leisureland un colpo di scena, che è meglio non anticipare, ridimensiona il film che a poco a poco sbraca in una trama demenziale. Downsizing si sviluppa in modo anche divertente, ma in modo fin troppo sfilacciato per essere preso seriamente, cosa che Payne credo volesse fare visto che fa fluttuare Paul con una tristezza infinita. Matt Damon è comunque bravo a impersonare il tipico americano della middle class, lontanissimo dai Bourne che lo hanno reso celebre. A Leisureland incontra Christopher Waltz che fa Christopher Waltz, con ghigno e risatine che fanno sempre sbellicare; è un uomo di origine slava che vive in lussuoso appartamento facendo feste, e tira a campare con uno strano contrabbando di beni di lusso. Qui Paul conosce anche una dissidente vietnamita che si nasconde dal suo governo facendo la donna delle pulizie. Sono incontri fanno ragionare Paul sulla disuguaglianza di reddito all’interno della stessa Leisureland.
L’idea è coinvolgente, Payne sembra voler fare una riflessione politica sul modo di vivere occidentale, americano in particolare. Questa comunità assomiglia in tutto e per tutto a quelle comunità in cui ci si rifugia e ci si chiude per evitare le paure del mondo contemporaneo: Leisureland è una specie di minuscola cittadella del lusso protetta da una cupola per evitare uccelli e altri predatori. Ovviamente i predatori sono le nostre paure a cui i “rimpiccioliti” vogliono sottrarsi, ma anche nelle “comunità perfette” le gerarchie basate sullo sfruttamento sono inevitabili. Anche qui esistono i poveri, le periferie, le donne delle pulizie.
Tutto materiale buono per un pamphlet teorico ma non per un film che sta a metà strada tra il fantastico e il satirico, e che va avanti con un sentimentalismo senza senso, un’atmosfera senza speranza e altri colpi di scena verso il finale che lo fanno sprofondare quasi nel ridicolo. Il riscaldamento globale, la sovrappopolazione, l’utopia della decrescita felice, la crisi economica, la vicina fine del mondo, la retorica della povertà, sono una marea i temi che Payne ha voluto raccontare in una storia fin troppo ambiziosa, troppo dilatata e piena di contenuti che vengono presto lasciati per strada.
Claudio Casazza
Downsizing
Regia: Alexander Payne. Sceneggiatura: Alexander Payne, Jim Taylor. Fotografia: Phedon Papamichael. Montaggio: Kevin Tent. Interpreti: Matt Damon, Neil Patrick Harris, Kristen Wiig, Jason Sudeikis, Christoph Waltz, Alec Baldwin. Origine: USA, 2017. Durata: 135′.