Salvador Mallo (Antonio Banderas) è un regista cinematografico che ha ormai deciso di interrompere la carriera a sessant’anni suonati. Non è solo crisi artistica: una serie di problemi fisici, la dipendenza da farmaci e droghe, alcune esperienze traumatiche legate all’infanzia e mai davvero elaborate, un amore interrotto precocemente, ha reso impossibile pensare lucidamente al cinema (o così pare). In realtà una serie di figure significative, che ritornano in occasione della presentazione di uno dei primi inaspettati successi del regista, accelerano il percorso di autoanalisi nella consapevolezza del legame profondo che esiste tra arte e vita.
In equilibrio sul filo che separa proprio arte e vita molti cineasti finiscono per trovare una coincidenza magica tra finzione e realtà. Anzi, la finzione diventa parte del reale perché la vita se ne ciba. Pedro Almodovar, come altri autori della sua generazione, o quella immediatamente precedente (Allen ad esempio, prima ancora Fellini), racconta con il suo cinema un mondo familiare che spesso fa emergere elementi autobiografici. Altresì pare evidente, soprattutto in Dolor Y Gloria, come la stessa pratica del filmare, l’atto creativo, dissimuli un percorso di rilettura personale a cui lo spettatore assiste, chiamato in causa più per gioco, forse sfidato dal regista.
Almodovar mette in scena un regista che potrebbe somigliarli, ma anche questo potrebbe essere un gioco, come i flashback in cui riemergono esperienze fanciullesche formative o deformative: l’amore per la madre, la propensione all’arte, i turbamenti erotici fino allo shock febbrile. Salvador attraversa il film come su un lettino di psicanalista, Almodovar (quasi un anagramma di Salvador) lo immerge da subito in una piscina, liquido primordiale ma anche (o per questo) metafora del subconscio e premessa verso un’apnea profonda alla ricerca di svelamenti anche dolorosi. Meglio che in La mala educacion, il regista madrileno si mette a nudo sotto mentite spoglie poco preoccupandosi dei giudizi e delle architetture concettuali della critica. La carica emotiva sgorga senza le imposture della commedia a tutti i costi che nelle ultime opere era diventato mestiere e applicazione di un metodo.
Un assalto alla verità intima è questo Dolor Y Gloria, senza per altro esibizionismo o perdita di pudore. Al contrario, dalla crisi poetica alle dipendenze, dalla mancata rielaborazione del lutto materno alla rievocazione di un amore perduto ritrovato e ancora perduto, passa il desiderio di affrontare il tema del tempo e la confessione pubblica – attraverso un film, che altro! – di un percorso che potrebbe essere solo all’inizio e che nel cinema troverà uno specchio amico (o nemico).
Vera Mandusich
Dolor y Gloria
Sceneggiatura e regia: Pedro Almodovar. Fotografia: José Luis Alcaine. Montaggio: Teresa Font. Musiche: Alberto Iglesias. Interpreti: Antonio Banderas, Penélope Cruz, Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Nora Navas, Cecilia Roth, Raúl Arévalo. Origine: Spagna, 2019. Durata: 113′.