A Stip, una piccola città in Macedonia si segue una tradizione speciale: per l’Epifania – che secondo il calendario ortodosso si festeggia il 19 gennaio – il sacerdote locale getta un crocifisso di legno in un fiume, centinaia di uomini si tuffano nelle acque ghiacciate e lo cercano per rinnovare simbolicamente, anno dopo anno, il sacrificio dell’uomo nei confronti di Dio. Chi ci riesce, così racconta la tradizione, avrà buona fortuna e prosperità per un anno intero. È una vera corsa tra gli uomini del paese, infatti per vincitore si intende naturalmente uno degli uomini, le donne non sono autorizzate a prendere parte a questo rituale.
La regista macedone Teona Strugar Mitevska prende come spunto di partenza del film un fatto vero: nel 2014 una donna è saltata in acqua improvvisamente e ha preso la croce, scatenando così uno scandalo nel cuore del sistema di tradizioni conservatrici del paese. Nel film questa donna è Petrunya, interpretata brillantemente da Zorica Nusheva, una ragazza che ha però già 32 anni e ne dimostra di più per alcuni, è single, disoccupata e vive coi genitori. Ha una laurea in storia ed è stanca delle umiliazioni che deve sopportare nel tentativo di ottenerne un lavoro. Sulla via del ritorno da un orrendo colloquio di lavoro si imbatte nel rituale del crocifisso e così si butta in acqua, lo recupera quasi per capriccio e senza volerlo davvero. Una volta che ha la croce in mao vede i suoi concorrenti furiosi: come osa una donna prendere parte al loro rituale? Petrunya mantiene però la sua posizione, provoca rabbia in tutto il paese ma non si arrende.
Quel che segue è una divertente storia che coinvolge le ipocrisie della polizia, della chiesa, dei media e persino della stessa famiglia di Petrunya. Teona Mitevska realizza così una satira femminista che vuole denunciare la condizione di subalternità femminile tuttora presente nel suo paese, riesce in questo modo a far emergere tutte le contraddizioni di una società che non ha ancora trovato il modo giusto per conciliare tradizione e modernità. La regista macedone è sicuramente sincera in questa denuncia e ha il pregio di non appesantire il film con tirate retoriche, riesce a modulare la rabbia per l’ingiustizia con umorismo e persino un pizzico di surreale romanticismo.
Dio è donna e si chiama Petrunya è un film che va molto oltre la Macedonia e si può leggere come universale per quei paesi europei che sono ancora in bilico tra nazionalismi che li vogliono riportare nel passato e spinte verso la modernità, spesso incontrollate e irrealizzabili. Per queste ragioni il film è stato molto premiato in Europa e ha anche vinto il Lux Prize, il più alto riconoscimento delle Istituzioni europee per il cinema, premio assegnato dal Parlamento Europeo al film indipendente che riesce a sviluppare i valori dell’Unione. Grazie a questo premio il film sarà distribuito nei 28 gli Stati membri e sarà visto in lingua originale sottotitolato nelle 24 lingue ufficiali dell’Europa.
Claudio Casazza
Dio è donna e si chiama Petrunya
Regia: Teona Strugar Mitevska. Sceneggiatura: Teona Strugar Mitevska, Elma Tataragic. Fotografia: Virginie Saint-Martin. Montaggio: Marie-Hélène Dozo. Interpreti: Zorica Nusheva, Labina Mitevska, Stefan Vujisic, Suad Begovski, Simeon Moni Damevski. Origine: Macedonia/Belgio/Francia/Croazia/Slovenia, 2019. Durata: 100′.