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Da Berlino tre vincitori: Iran, Italia e Irons

Iran, Italia e Irons. Sono i tre vincitori del 70° Festival del cinema di Berlino. Verso Teheran è volato l’Orso d’oro per There Is No Evil di Mohammad Rasoulof. Il nostro cinema, mai così presente, ha portato a casa due premi importanti: miglior attore Elio Germano per Volevo nascondermi e Orso d’argento per la sceneggiatura a Favolacce dei fratelli D’Innocenzo. L’attore inglese Jeremy Irons, presidente di una giuria che comprendeva tra gli altri Luca Marinelli e Bérenice Béjo, ha sfornato un verdetto sensato e abbastanza condivisibile, in un’edizione senza un titolo che mettesse d’accordo tutti o che spiccasse molto sul resto. Gli otto premi sono stati distribuiti tra i film di cui si è parlato di più nei dieci giorni della manifestazione, anche se sono rimasti escluse opere importanti come First Cow di Kelly Reichardt o Days di Tsai Ming-Liang.

There is no Evil

L’Orso d’oro al film di Rasoulof è meritato, presentato nell’ultimo giorno di proiezioni, si è imposto all’attenzione di tutti e ha conquistato anche premi collaterali come quello della giuria ecumenica. Nella tradizione del festival berlinese, il riconoscimento ha pure una valenza politica, dal momento che il regista non lo ha potuto ritirare e non ha potuto presenziare al festival, perché il regime del suo Paese gli ha ritirato il passaporto nel 2017 e non gli concede il permesso di espatriare. Rasoulof è ancora poco conosciuto, ma è al settimo lungometraggio, con all’attivo opere mostrate e apprezzate a Cannes come Lerd – A Man Of Integrity, Manuscripts Don’t Burn e Goodbye. There Is No Evil è un dramma in quattro episodi legati tra loro, che hanno a che fare con la pena di morte e raccontano la vita quotidiana alle prese con una situazione oppressiva che pone forti dilemmi morali. La pellicola era già stata acquistata per l’Italia da Satine Film e uscirà anche nelle nostre sale.

L’Italia aveva in gara tre titoli, compreso il divisivo Siberia di Abel Ferrara, e ha ottenuto un ottimo risultato con opere molto diverse tra loro ma accomunate dalla presenza di Germano, già premiato a Cannes con la Palma nel 2010 per La nostra vita. Un orso meritato per l’attore che con adesione fisica si è calato nel pittore Antonio Ligabue nel film di Giorgio Diritti, senza cadere negli stereotipi del personaggio compreso tra genio e follia. Favolacce è invece un film corale nel quale Germano è solo uno degli abitanti, un padre, di una periferia dove cova la rabbia verso il crescendo tragico.

Gran premio della giuria, il secondo per importanza, a uno dei favoriti, l’americano Never, Rarely, Sometimes, Always di Eliza Hittman, già premiato al Sundance. Autumn è un’adolescente che rimane incinta e decide di abortire: la regista segue e accompagna la protagonista in una situazione nella quale si ritrova quasi sola. Del terzo film della Hittman si parlerà ancora. Orso per il miglior regista il coreano Hong Sangsoo, già vincitore a Locarno e premiato un po’ in tutti i festival: The Woman Who Ran, su una donna che si ritrova a interrogarsi sull’amore, ne conferma il talento di osservatore dell’animo umano e narratore abile nei dettagli, nelle variazioni e nei giochi di specchi. L’orso per la migliore attrice è stato attribuito alla tedesca Paula Beer (già conosciuta per Frantz di Francois Ozon) per Undine di Christian Petzold. Un riconoscimento abbastanza prevedibile per il cinema di casa e per un regista (tra i suoi lavori La scelta di Barbara e La donna dello scrittore) che ha tanti sostenitori tra i più cinefili e che ha ottenuto pure il premio Fipresci della stampa.

Un Orso d’argento è andato all’unica commedia del lotto, il divertente franco-belga Effacer l’historique di Benoit Delépine e Gustave Kervern, che sferzano con l’ironia la nostra dipendenza dalla tecnologia.
Ultimo premio della giuria ufficiale l’Orso per il contributo artistico assegnato a Jürgen Jürges, direttore della fotografia del russo Dau. Natasha di Ilya Khrzhanovskiy e Jekaterina Oertel, film molto discusso (soprattutto per le scene di sesso) che racconta la dittatura stalinista da un punto di vista spiazzante.
Introdotto per la prima volta, il premio di miglior documentario, tra tutte le opere presentate nelle diverse le sezioni, è andato a Irradiated del cambogiano Rithy Panh, un film sul dolore con tanto materiale d’archivio dai campi di concentramento nazisti alle vittime delle bombe atomiche. Una menzione è stata attribuita ad Aufzeichnungen aus der Unterwelt della coppia austriaca-altoatesina Tizza Covi e Rainer Frimmel.

da Berlino, Nicola Falcinella

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