Lunedì 12 agosto. Si distingue Tonnerre, film in Concorso Internazionale del francese Guillaume Brac (nella foto). Il tema e’ di quelli tosti e, in Italia, al centro dell’attenzione dei media.
Un cantante di rock melodico si trova a passare un periodo a casa del padre, nella cittadina di campagna che da il titolo al film. Qui conosce una ragazza più giovane di lui, tra loro nasce una storia tanto intensa quanto breve. Lei sceglie di tornare dal suo ex, cosa che lui non riesce ad accettare. Da qui inizia una lenta ma inesorabile caduta verso un baratro di ossessione e paranoia che lo porterà a compiere delle azioni estreme.
Il tema è tutto sommato ben sviluppato, anche se nel momento di passaggio tra il dispiacere per la perdita di lei e l’ossessione si rischia di sfiorare il melenso. Ma subito, e per fortuna, il dramma prende il sopravvento e porta lo spettatore nel labirinto mentale di un uomo incapace di considerare una donna libera di fare le sue scelte. Lei nel finale ha un comportamento ambiguo che forse rischia di rendere il messaggio meno forte, anche se la chiusura tutto sommato ci può anche stare. Interessante.
Poco possiamo dire del secondo film in Concorso che abbiamo avuto la (s)fortuna di andare a vedere. Trattasi di L’etrange couleur des larmes de ton corps, un film sperimentale che crea atmosfere astratte per raccontare la storia di una donna sparita nel nulla e delle ricerche condotte dal marito per capire cos’è successo. Il tutto sviluppato attraverso una non trama fatta di suoni fortissimi, corpi nudi, sangue, situazioni incomprensibili, inquadrature “alternative”, passaggi temporali e spaziali senza legame l’uno con l’altro, eccetera. Per intenditori di videoarte.
Il pezzo forte però lo abbiamo visto in Piazza Grande: il film canadese Gabrielle di Louise Archambault. Vecchia conoscenza del festival (aveva partecipato con Familia all’edizione del 2005) si ripresenta con una storia emozionante, sincera e importante.
Racconta una storia d’amore tra diversamente abili, nella fattispecie tra la protagonista Gabrielle e un ospite dello stesso centro assistenziale dove anche lei vive. I due si amano di un amore assoluto, un amore che chiede di essere “normale”, di cuore e di corpo. Ma spesso i normodotati hanno paura del sesso tra portatori di handicap, lo considerano improprio, un vizio da evitare per il loro bene. Così facendo mortificano il loro desiderio di essere trattati per quello che sono, con le cure adeguate ma come esseri umani. Gabrielle ingaggia una lotta con se stessa per dimostrare agli altri di essere autonoma e porta a casa successi e sconfitte. Sarà banale, ma in questo caso è bello dire che alla fine l’amore trionfa nel modo più felice, gioioso e caldo possibile. Gabrielle è un film ben fatto e la storia che racconta è importante perché insegna a tutti a non essere pietistici nei confronti di chi ha doti diverse dalle nostre. Insegna ad essere responsabilmente aperti, solidalmente amici, fraternamente compagni. Davvero un bel film.
da Locarno Alessandro Barbero