La pioggia non ci abbandona mai, nemmeno a maggio, nemmeno a Cannes. Scesi dal pullman muniti di bagagli pieni di pantaloncini e occhiali da sole, abbiamo scoperto che soleil-Croisette non vanno sempre a braccetto. Dopo un lunghissimo viaggio all’insegna di euforia ed entusiasmo, tra un karaoke e l’altro, siamo stati accolti da un mare di nuvole quasi lombarde. Speriamo che non diventino nostre fedeli compagne! Nonostante il cattivo tempo, il frizzante spirito del Festival ci ha subito risollevati: con un badge al collo e gli ombrelli in mano siamo entrati nel ruolo di aspiranti critici cinematografici che sarà nostro per il resto della settimana. A differenza di quanti, impauriti dal primo scroscio, si sono rifugiati nei bistrot del lungomare, noi impavidi, abbiamo accettato come unico rifugio la sala Debussy del Palais des Festivals. Chi sotto un giornale, chi riparato da un sacchetto, ma comunque tutti inzuppati da capo a piedi, abbiamo oltrepassato trionfalmente i metal detector e i controlli del caso, anche se qualcuno di noi ha dovuto rinunciare definitivamente al proprio panino e alla propria acqua, ritirati dagli addetti alla sicurezza. Ma alla fine… tutt’altra storia le sale cinematografiche di Cannes! Siamo rimasti tutti colpiti dalle dimensioni dello schermo, dalla qualità della visione e dall’acustica, ma soprattutto dall’esorbitante numero di persone (tra cui, forse, si celavano dei veri critici cinematografici).
Rosso come le nostre poltrone, appare sullo schermo il sangue della prima vittima: il film in proiezione è Muere, Monstruo, Muere di Alejandro Fadel. La recensione è qui di seguito. All’uscita, pareri e reazioni contrastanti, ma certamente tutti con visi sconvolti. Ma finalmente senza pioggia.
Muere, Monstruo, Muere
Ad aprire la nostra esperienza al Festival di Cannes 2018 è il film di Alejandro Fadel, Muere, Monstruo, Muere, nella sezione Un Certain Regard. Sulle alte e innevate montagne della Cordigliera delle Ande argentine, pressoché disabitate, si verificano alcuni efferati e macabri omicidi di donne. Il principale sospettato, David, marito di una delle vittime, disturbato da inquietanti voci e visioni, non solo si rivela essere la chiave per il proseguimento delle indagini, ma contribuisce anche a dare una sfumatura horror al poliziesco. Tra teste mozzate e apparizioni di esseri mostruosi che si manifestano prima in piccoli dettagli poi a figura intera, lo spirito surreale e fantastico del film prende il sopravvento.
Ciò che ci pareva essere uno dei tanti polizieschi si straforma in una allegoria e metafora dell’amore e dei desideri malsani e violenti di cui chiunque può cadere vittima. Il mondo reale, immortalato da una buona fotografia, si frantuma in tante altre realtà che confondono lo spettatore, preso tra mistero, eventi macabri e raccapriccianti e indagine poliziesca, e rendono soprattutto il mistero della vita. Non a caso le più belle e suggestive scene si svolgono davanti a degli specchi, che alterano e moltiplicano la realtà in una successione di repliche. Ma non convincono appieno al punto che c’è chi ha abbandonato la sala.
Garçons de Cannes