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Corpo e anima

corpo_animaEndre ha cinquant’anni, è direttore finanziario di un mattatoio che macella carni bovine, vive solo nonostante la paralisi del braccio sinistro. Mària è una trentenne, vive anche lei in solitudine e arriva al mattatoio per sostituire il supervisore alla qualità delle bestie macellate. Precisa fino alla pignoleria, dotata di una memoria prodigiosa, incapace di stringere relazioni, minimale nella scelta dell’abbigliamento, del cibo, dell’arredo, Mària è alienata da una disfunzione patologica simile all’autismo. Endre ne è attratto, ma riesce ad avvicinare la donna solo dopo aver scoperto che ogni notte vivono lo stesso identico sogno: nei panni di una coppia di cervi, si incontrano in un bosco spoglio e innevato, un territorio disabitato, ancestrale, riscaldato da pochi suoni e da una luce immacolata.

corpoVincitore dell’Orso d’Oro, edizione 2017 del Festival del cinema di Berlino, distribuito in Italia dalla coraggiosa Movies Inspired, Corpo e anima è una delicata e imperfetta storia d’amore tra due individui tanto diversi nel corpo (diafana lei, ruvido lui), quanto affini nell’anima. La regista ungherese Ildiko Enyedi (conosciuta dal popolo dei festival per Il mio XX secolo Simon Magus) si affida a un’attrice teatrale di talento (Alexandra Borbély) e a un non attore, l’editore Géza Morcsányi, che in Ungheria ha pubblicato autori come il Premio Nobel Imre Kertész, per mettere in scena due singolarità difettose, costrette per motivi diversi alla disabilità e alla rinuncia a qualsiasi ipotesi di affettività condivisa (e viene in mente Oasis di Lee Chang-dong, film coreano del 2002 in cui uno l’amore sorprendeva un drop-out e una spastica). Il teatro dell’inaspettato avvicinamento è l’algido mattatoio, bianco piastrellato, che da scatola degli orrori (istituzionalizzati) da catena di smontaggio dei capi di bestiame, si trasforma in luogo di incontro surreale come lo è il bosco onirico in cui lui e lei, in forma animale, si incontrano nei sogni.
Su questa e su altre simmetrie (scoperta quella che apre il finale del film), la regista si gioca il racconto, talvolta inceppando in metafore sin troppo scoperte, altre volte infilando intuizioni poetiche, o ancora deviando su toni ironici che senza disincantare l’oggetto narrato, ne esaltano il potenziale, contrapponendo alla strampalata e amabile e fiabesca elegia dell’amore inaspettato, la grevità degli “altri”, anestetizzati emotivi, spinti nelle pulsioni, fintamente disinibiti (come la psicologa che tenta di estrarre la libido repressa nei suoi interlocutori, come si estraggono le viscere da un manzo).


A volte si ha l’impressione di una programmaticità autoriale, non solo nell’intreccio ma anche nelle scelte estetiche, con un apparato visivo affascinante ma controllatissimo, proiezione dell’essenza più intima dei due personaggi (con sbilanciamento verso Mària). Le superfici trasparenti dietro cui la donna spesso si nasconde per farsi osservatrice di un mondo che ha scelto di frequentare solo come spettatrice, scoprono facili allegorie. Nonostante questo il film trattiene una sua originalità (anche nella descrizione delle difficili tappe che segnano lo smantellamento del muro che separa Andre e Mària) e tenta di riflettere senza pedanteria sull’aridità dell’apparente vivere e la precocità della morte che invasa le arterie di chi apparentemente vive.

Alessandro Leone

Corpo e anima

Sceneggiatura e regia: Ildiko Enyedi. Fotografia: Máté Herbai. Montaggio: Károly Szalai. Interpreti: Géza Morcsányi, Alexandra Borbély, Zoltán Schneider, Ervin Nagy, Tamás Jordán. Origine: Ungheria, 2017. Durata: 116′.

 

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