Ha perso forse un po’ di fascino Mr. Gru, adesso che non è più un super cattivo ma moderno padre di famiglia con tre marmocchiette a carico. Sognata la luna, le sue giornate si consumano tra infanzia e marmellate, prodotte industrialmente dai Minion, soliti buffi soldatini tuttofare. Il Professor Nefario si annoia, mentre Gru veste il ruolo paterno con trasporto, amorevole con le figlie, strutturato in una rete affettiva protettiva e gratificante. Ovvero: la normalità come preziosa chance di riscatto sociale.
Così la trasformazione azzera il contrasto che costruiva uno dei più accattivanti personaggi animati su grande schermo degli ultimi anni. Poco male, perché il secondo capitolo di Cattivissimo Me, si pone come sequel naturale in un universo speciale (ma tanto simile al nostro per dinamiche relazionali), dominato dalla presenza straordinaria di altri cattivi, sicuramente meno sorprendenti e poetici, ma comunque in grado di rivaleggiare per ambizione con il vecchio alter-ego del nuovo Gru. Eduardo, che pare un wrestler latino, non punta alla luna ma ad una più prosaica conquista del mondo, generando il caos attraverso un siero che trasforma i piccoli Minion in violacei Gremlin. Scontato quindi il conflitto tra bene e male, dove la posta in gioco è la salvaguardia della pace collettiva e dell’armonia familiare: nucleo sempre fondativo di ogni onesto sogno americano e non solo, anche nelle sue varianti più audaci (un padre adottivo e tre figlie senza madre con corte annessa). Sarà per questo che la missione proposta a Gru per sabotare il piano di conquista di Eduardo, diventa l’occasione per affiancargli un quarto personaggio femminile: non solo una spalla che rovescia in tutto le caratteristiche di Gru (fisiche e psicologiche), ma soprattutto un potenziale tassello che completi il quadro di una famiglia che è somma di adozioni.
La sottotraccia scolla così il film dal copione scontato d’avventura già vista e atmosfere già respirate di eroi improbabili e simpaticoni. La relazione di coppia, dapprima forzata e via via congeniale, crea gag divertenti e pizzica con molto pepe i palati adulti del pubblico degli “accompagnatori”, in linea con le fortunate tendenze del cinema d’animazione contemporaneo.
Il resto lo fanno i Minion, grottesche creature a servizio della fabbrica di marmellate di Gru/Wonka, in ogni caso fedeli figliocci tuttofare con il cervello di un bimbo piccolo che non vuol crescere. I Minion golosi, i Minion impulsivi, i Minion compulsivi, i Minion che si sfracellano di risate per le puzzette marroni, i Minion che vivono l’avventura con sfrontatezza e irresponsabilità, con ludica fascinazione, consumando il presente e senza minimamente pianificare il domani. Creature primordiali del qui e ora, baby-golem destinati all’eterna compagnia (di Gru e Co.), la cui improbabile evoluzione potrebbe generare nell’ipotesi più rosea un sub-Homer Simpson.
Il racconto fiorisce da uno spunto banale con un intreccio ben congegnato, capace di offrire il giusto spazio ad ogni personaggio che trova rotondità e quindi identità, nonostante il ritmo delle avventure sia incalzante. La regia evita di confondere lo sguardo dello spettatore con l’unico punto di vista di Gru, aprendo ipotesi confidenziali con i personaggi già conosciuti nel precedente capitolo, a tutto vantaggio di un coinvolgimento definitivo, in un’ottica seriale. L’empatia è spontanea, merito di dialoghi efficaci e di un’animazione fluida. Agnes, Edith e Margo da bimbe bizzarre diventano piacevolmente speciali, quindi possibili nel loro appartenere a un contesto eccezionale. Gru infine riscatta i brutti, gli zii Fester, i freaks, i pelati con il parrucchino con problemi d’immagine, forte di una consapevolezza del proprio limite che lo rende speciale. Peccato abbia addomesticato quell’intrigante, graffiante, scorretta cattiveria!
Alessandro Leone
Cattivissimo Me 2
Regia: Pierre Coffin, Chris Renaud. Sceneggiatura: Ken Daurio, Cinco Paul. Montaggio: Gregory Perler. Origine: Usa, 2013. Durata: 94′.