Michael Douglas, che ha ricevuto la Palma d’onore alla carriera dalle mani di Uma Thurman e Catherine Deneuve, madrina ritratta sul manifesto della 76° edizione, hanno rubato la scena nella serata inaugurale del Festival di Cannes. Una cerimonia presentata da Chiara Mastroianni con il suo stile timido ma ironico, anche quando ha chiamato sul palco la madre. Douglas, da parte sua, sempre più somigliante al mito Kirk, è stato introdotto da una lunga clip da antologia tratta dai suoi film, a consacrarlo come uno degli ultimi attori di una volta. Poi, in coppia con Denueve, ha fatto pensare, ancor più che a un cinema completamente cambiato, a un approccio che non c’è più, un cinema dove lo schermo grande ospitava storie e interpreti grandi.
Prova a pensare in grande anche Maïwenn, l’attrice e regista francese nota per Polisse e Mon roi, il cui Jeanne du Barry (in Italia uscirà con il titolo La favorita del re) è stato scelto per l’apertura fuori competizione. Un film in costume ambizioso a livello produttivo, ma che tende al calligrafico fin dalla scena d’apertura, con la protagonista Marie-Jeanne Bécu ritratta da un pittore in aperta campagna. Siamo a metà ‘700 e la voce narrante ci introduce nell’esistenza della figlia illegittima di una cuoca e un monaco. La ragazza cresce con la madre a servizio di una famiglia nobile il cui capo la tratta con favore, poi va a studiare in convento, quindi torna a palazzo, ma la padrona di casa gelosa caccia entrambe prima che succeda qualcosa di compromettente. Le due si guadagnano da vivere con diversi espedienti: la ragazza, bellissima, posa per un pittore, ma la madre vuole che si spogli integralmente per farsi pagare di più; l’interessata rifiuta affermando “il corpo è mio”. Non passa molto che le sue scelte cambiano e diventa una libertina bendisposta verso uomini altolocati. Entra nel circolo del conte du Barry, che la conduce dal Re Luigi XV con lo scopo dichiarato di farla notare dal sovrano, e così avviene. Goffa e spigliata insieme, occhi che non passano inosservati, Jeanne diventa la favorita del re, prima entrando nelle stanze imbacuccata sotto un cappuccio nero, poi senza celarsi più, dopo il matrimonio di comodo con du Barry, dal quale ottiene cognome e titolo. Maïwenn, che interpreta Jeanne da adulta, racconta di una donna del popolo che vuole salire nella scala sociale con i mezzi di cui dispone o che scopre, senza farsi troppi scrupoli. Intorno qualcosa sta cambiando, ma né Jeanne né la regista sembrano accorgersene: il Delfino, quello che la protagonista guarda con non celata fascinazione, è il Luigi XVI che finirà ghigliottinato dopo la Rivoluzione francese, poco prima che anche la du Barry faccia la stessa fine. Forse Maïwenn non è male né come regista né come interprete, ma fatica a tratti a dirigersi e le inquadrature in cui figura da sola sono un po’ irrigidite. Johnny Depp (la cui presenza a Cannes ha assicurato il glamour e la presenza di cacciatori di autografi e selfie) è il re e fa quel che deve, ma è la pellicola a essere un po’ inamidata. Jeanne du Barry parte a fatica e cresce troppo poco, forse non è brutto ma è abbastanza inutile e non suscita grandi emozioni.
Ma è già l’ora dei primi tra i 21 titoli in concorso per la Palma, con i tre italiani che saranno presentati nella seconda settimana. Per inaugurare la competizione ci sono Monster del giapponese Kore-Eda Hirokazu (già Palma 2018 con Un affare di famiglia) e Le retour di Catherine Corsini.
da Cannes, Nicola Falcinella