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Cannes 77: il giorno di Jia Zhang-ke

Una contro narrazione e una storia non ufficiale della Cina. È quel che sta facendo, forse da sempre, ma dichiaratamente dagli ultimi film, Jia Zhang-ke, ieri due volte protagonista al 77° Festival di Cannes. Il grande regista orientale è tornato in concorso con Caught by the Tides, mentre è stato nelle vesti di attore per Black Dog di Guan Hu, inserito nella sezione parallela Un certain regard, la attraversa nello spazio (da nord a sud e ritorno) e nel tempo in questo scorcio di secolo, come sta già facendo da alcuni film.

Caught by the Tides

Caught by the Tides inizia a Datong, nello Shanxi al capodanno del 2001 e già siamo dalle parti di Platform. Tao canta alla festa con gli amici, più avanti si parla dell’ingresso della Cina nel Wto e si festeggia l’assegnazione delle Olimpiadi 2008 a Pechino. È il momento del trionfo per il Paese, che si affaccia da vincente nel consenso internazionale. Uno dei grandi progetti per lo sviluppo è la diga delle Tre Gole e qui, nella città di Fengjie dove si spostano centinaia di migliaia di persone dalle aree che stanno per essere allagate, arriva Tao. È il 2006, proprio come in Still Life (Leone d’oro alla Mostra di Venezia), e la donna, che non parla quasi mai, cerca un uomo che non risponde, il Bin di quel film. L’ultima porzione della pellicola è tra Zhuhai, nel sud, e il ritorno a Datong nel 2022 tra le conseguenze del covid e i Mondiali di calcio in Qatar.
Jia Zhang-ke alterna con grande libertà riprese in vari formati, come se le immagini del passato uscissero da una bottiglia gettata in mare e riapprodassero oggi sulla spiaggia. Il regista porta ad attraversare la Cina nello spazio (da nord a sud e ritorno) e nel tempo in questo scorcio di secolo, passando dalla fiducia illimitata del passaggio di millennio alla la crisi degli ultimi anni, incarnata da Bin che ha perso il lavoro e non ne trova. Un film molto bello sul tempo, sui passaggi, anche sull’invecchiare e sui bilanci.

Black Dog

Alcuni temi tornano in Black Dog, dove però l’esordiente Guan Hu ha un approccio più formalista. La scena iniziale è di grande impatto, con un branco di cani randagi che corrono giù da una collina e tagliano la strada a un autobus facendolo ribaltare. Siamo nella zona del Gobi, nel giugno 2008, e il mezzo è diretto a Chixia. In viaggio c’è anche Lang, musicista famoso in città negli anni ‘90, che è uscito di galera dopo dieci anni per essere stato coinvolto in un omicidio. Mentre il padre alcolizzato è andato a vivere allo zoo, la casa dell’uomo deve essere abbattuta come tante altre per fare posto a nuove costruzioni. Intanto la città è invasa dai cani randagi e in particolare se ne cerca uno nero, sospettato di avere la rabbia. Lang, dopo essere stato morso, stabilirà un rapporto particolare con l’animale. Oltre ai cani e ai cantieri, il fermento è per le imminenti Olimpiadi e per l’eclisse solare annunciata per l’1 agosto.
C’è una Cina violenta e di contrasti anche nei suoi margini, in trasformazione, di costruzioni e di quartieri fantasma disabitati, dove c’è chi persegue la vendetta e anche qualcuno, come l’uomo che ricorda Lang musicista e gli chiede un autografo, che conserva la memoria in senso positivo. Un buon esordio che insiste sui toni dei grigi e dei mattoni, con qualche animale un po’ troppo digitale e le musiche dei Pink Floyd. Jia Zhang-ke interpreta lo zio Yao, un piccolo boss che ha una simpatia per Lang e lo protegge dalle angherie dei giovani delinquenti.

da Cannes, Nicola Falcinella

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