Abbracciare fin da subito il messaggio #iorestoacasa mi ha dato l’opportunità di farmi travolgere dal vortice violentissimo di dvd acquistati e ancora non visti, visioni dalle piattaforme Prime video, Netflix e chi più ne ha ne metta. Per sopperire a questo sentimento perpetuo di assenza, mi sono riconosciuta famelica di quelle immagini magiche che solo il Cinema è capace di darci.
Ad un catalogo ricco e in continuo aumento di titoli da recuperare, si è aggiunta un’iniziativa molto succulenta proposta da MyMovies che, sostenendo la campagna #iorestoacasa, ha messo a calendario 50 opere cinematografiche da poter visionare in streaming, come fossimo al cinema, ma comodamente dal nostro divano.
Tra l’ampia scelta ci sono alcuni titoli da oscar, da vedere o rivedere con piacere, ma, e qui mi sbilancio, la sezione che più ha attirato la mia attenzione è quella gentilmente concessa dal Far East Film Festival di Udine. Un ventaglio di film che spazia dal realismo di Ozu – titoli solitamente introvabili – alle prime visioni contemporanee, come Burning di LeeChang-dong.
L’ultima opera del regista e sceneggiatore è basata sul romanzo Granai incendiati di Haruki Murakami ed è stato presentato in concorso a Cannes nel 2018; sempre a Cannes, nel 2012 il regista Sudcoreano vinse il premio per la migliore sceneggiatura con Poetry.
Lee Chang-dong, anche in questa occasione, ci regala una preziosa opportunità per dare spazio ad una riflessione sulla società coreana moderna, tenendo fede alla fama di autore introspettivo che mette a nudo le contraddizioni più intime dei suoi protagonisti.
Jong-su (Yoo Ah-in) è un aspirante scrittore appassionato di William Faulkner, vive in campagna, al confine con la Corea del Nord e su di lui si legge uno sguardo rassegnato, dato da una storia familiare dolorosa e una quotidianità poco stimolante. La routine di Jong-su viene interrotta quando incontra per caso una sua compagna delle elementari, Hae-mi (Jeon Jong-seo), con la quale intreccia una fugace relazione, anche sessuale, seguita da un: “domani parto per l’Africa, mi puoi dare un’occhiata al gatto intanto?”. Quando Hae-mi torna in Corea accompagnata da Ben (Steven Yeun), figaccione col porsche della Seoul bene, Jongsu non è che la prende nel migliore dei modi, ma con tanta eleganza si fa ugualmente da parte, non può competere col figaccione, il porsche e Seoul. Proprio questo è il primo snodo narrativo all’interno del quale il regista ci sbatte in faccia il divario tra classi sociali, ancora fortemente sentito. Lo sguardo di Ben, invece, è lo sguardo di uno che è a proprio agio nel mondo, sa di poter ottenere tutto, anche la compagnia di Jong-su ed ecco che i tre protagonisti iniziano ad uscire insieme; Jong-su e Hae-mi assistono al mondo patinato e controverso di Ben, come fossero due pesci buttati ferocemente dentro ad un acquario.
Attraverso l’analisi del singolo e della ricerca della sua verità, Lee Chang-dong ci propone una visione critica della società moderna, mettendo in risalto in maniera cruda il modo in cui l’appartenenza ad una comunità condizioni negativamente il singolo. La lotta di classe non si riflette più solo alla condizione economica, ma si trasforma in un predominio sull’immaginario. Il ruolo della donna è anch’esso affrontato, ma con un tocco leggiadro come lo è la danza di Hae-mi che ondeggiando al tramonto va lì “dove finisce il mondo”, sullo sfondo il confine con la Corea del Nord ed una fiera bandiera Sudcoreana al cielo.
Il regista rimane neutrale grazie anche ad una sofisticata fotografia limpida a cura di Hong Kyeong-pyo, bensì lascia a noi l’arduo compito di giudicare, indagare, accusare ed infine bruciare violentemente. La camera si muove leggera, elegantemente scruta gli ambienti cittadini affollati e i paesaggi rurali abitati solo da serre abbandonate, delle quali nessuno più si cura, figuriamoci lo Stato, come confessato da Ben a Jong-su.
Il film deve la sua grandezza al gioco tra i lati oscuri di ogni personaggio che si incrociano e si scontrano, al non detto, al non esplicito, tutto è tacito e misterioso, quasi inafferrabile. Lee Chang-dong ci regala un nuovo concetto di solitudine, una solitudine ardente, data dal sentimento di non appartenenza al mondo contemporaneo e all’abbandono da parte di quest’ultimo.
Tatiana Tascione
Il thriller sociale di Lee Chang-dong
Il giovane Jong-su sogna di diventare uno scrittore, ma ancora non sa cosa scrivere. Quando incontra Hae-mi, una ragazza cresciuta nel suo stesso villaggio, sembra nascere un amore improvviso. Hae-mi però è in partenza per un viaggio che la porterà per cinque mesi in Africa, così Jong-su decide di aspettarla, prendendosi cura del suo gatto. Quando Hae-mi ritorna a casa è accompagnata da Ben, un uomo ricco e misterioso, che sottrarre la sua attenzione a Jong-su.
Dopo otto anni di pausa torna al cinema un film di Lee Chang-dong e, dopo Poetry, Secret Sunshine e Oasis le aspettative erano ovviamente molto alte. Basato sul racconto breve Granai incendiati, della raccolta L’elefante scomparso e altri racconti di Haruki Murakami (a sua volta ispirato da un racconto omonimo di William Faulkner) il film racconta attraverso una storia d’amore mai realmente arrivata all’apice del suo “bruciare”, come l’insicuro Jong-su abbia trovato un’evoluzione del suo essere in seguito a una esperienza drammatica.
Come un incendio che nasce da una scintilla e impiega tempo a scatenarsi in tutta la sua violenza, anche Burning è un film dall’innesto a rallentatore. Quello che sembra un racconto di un triangolo amoroso si trasforma lentamente in un thriller intriso di sospetti, menzogne e, forse, nessuna verità. Ben e Jong-su sembrano essere due personaggi contrapposti in un ideale “yin e yang” narrativo, ciascuno trasformandosi nello specchio oscuro dell’altro. Jongu-su è povero, disponibile e maldestro, quasi impossibile non affezionarsi ai suoi modi pacati e buoni. Al contrario Ben è ricco, annoiato e capace di manipolare gli altri come un burattinaio, mettendo in luce i loro aspetti più vulnerabili, in particolare i sentimenti. Uno scontro tra classi sociali, nato inizialmente per afferrare il cuore di una donna, si trasforma poi in qualcosa di più oscuro e drammatico.
Burning è questo, un film che ti costringe a tornare sulle tue idee. Che per oltre novanta minuti ti racconta il suo protagonista e la passione che lo brucia lentamente per poi ribaltare le carte in tavola e rimettere in gioco ogni aspetto del racconto trasformando l’attrazione in ossessione.
Carlo Prevosti
Burning – L’amore brucia
Regia: Chang-dong Lee. Sceneggiatura: Jungmi Oh, Lee Chang-dong. Interpreti: Yoo Ah-In, Steven Yeun, Jong-seo Jun, Joong-ok Lee, Soo-Kyung Kim, Seungho Choi. Origine: Corea del sud, 2018. Durata: 148′.