BIRDMAN “o le imprevedibili virtù dell’ignoranza”
Già in passato, ai tempi di Amores Perros e 21 grammi, ai tempi di Biutiful e Babel, abbiamo imparato a comprendere la potenza di alcuni elementi che ormai reputiamo peculiari del cinema di Iñarritu, elementi quali l’accostamento di silenzio e disordine, la ripartizione delle scene in un collage di vicende narrative diverse, le inquadrature fisse. Con questa nuova pellicola, tuttavia, il regista messicano ci invita all’esplorazione di nuovi scenari, proponendoci un fulgido ritratto della vita stessa, perentoriamente giudicata dall’occhio imperscrutabile del pubblico.
Ci troviamo a Broadway, il teatro per eccellenza, e Riggan Thomson (Micheal Keaton), attore un tempo acclamato per aver vestito i panni del supereroe Birdman, sta tentando il tutto per tutto, portando in scena un adattamento di una commedia di Raymond Carver, sperando di fuggire così dall’oblio della dimenticanza in cui è stato relegato dopo aver interpretato l’uomo-falco, vent’anni prima.
Tra gli attori che, insieme a Thomson, calcheranno il palco di Broadway, cercando di strappare il migliore degli applausi, troviamo le figure del tutto singolari di Mike Shiner (Edward Norton) e Lesley (Naomi Watts); il primo un attore ribelle ed anticonformista, profondo conoscitore della politica di pensiero della critica ed estremamente amato dal pubblico; la seconda, invece, un’attrice promettente che, tuttavia, non sopporta d’avere Shiner, sua vecchia conoscenza, come partner. Sebbene sia una testa matta, sarà proprio Mike il collante perfetto tra le personalità orbitanti attorno alla commedia.
Riggan, nonostante non condivida le scelte stilistiche di Shiner, non può mandarlo via ora che lo spettacolo è andato in scena; Lesley non ha ancora superato la vecchia relazione avuta con lui tempo prima; Sam (Emma Stone), la figlia di Thomson, invece, trova questo nuovo interprete bohémien curioso e affascinante, ma soprattutto attraente; infine, Jake (Zach Galifianakis), l’euforico e inarrestabile agente di Riggan, ama Shiner più di quanto ami se stesso.
Ogni azione e dialogo riconduce a Mike e, quello che una volta fu il grande uomo-falco, non può far altro che arrendersi a tale consapevolezza, schernito dallo stesso Shiner e da una figlia che gli ricorda che lui, in fin dei conti, altro non è che un’ombra, dimenticata da tutti.
Così ha inizio la vera storia, scandita da un incalzante ritmo di tamburi tribali, il viaggio nell’anima consumata dell’autore di una commedia come tante, in scena in un teatro come pochi.
La coscienza di Riggan, che sin dall’inizio del film si confonderà con la voce narrante, e che incarna il personaggio di Birdman, adesso prende vita, irrompendo sullo schermo nel volo simbolico dell’uomo-falco, metafora della presa di posizione del passato, potente supereroe, che aleggia sul presente, povero uomo mortale che cammina per la strada, insoddisfatto e solo.
Keaton sa dare sfumatura ad ogni attimo del film, sa essere comico e disperato, padre deluso e attore grintoso, ma ancora più importante, sa dare spazio ai restanti interpreti, Norton in primis, dimostratosi capace di reggere lo svolgimento dell’intera narrazione sulle sue spalle, senza però richiamare troppo l’attenzione. La Watts, a differenza dei suoi colleghi, non ha gran voce e viene surclassata dalla Stone, capace di rendere veritiera l’interpretazione della figlia succube di un padre assente con coraggio e naturalezza. Il paffuto e adorabile Galifianakis, infine, merita gli elogi più grandi; eccezionalmente esilarante gli bastano pochi secondi per rendere la sua presenza necessaria e per far sentire la sua mancanza quando non è inquadrato.
Complessivamente un ottimo cast, coadiuvato da una sceneggiatura egregiamente scritta e a giusta ragione candidata agli Oscar, parte integrante di un progetto reso ancor più interessante dalla moltitudine di citazioni presenti, una su tutte la voce e il costume di Birdman, chiari omaggi a Rorschach e Gufo Notturno, protagonisti di Watchmen, film di supereroi tratto dall’omonimo fumetto di Alan Moore.
Tirando le somme il prodotto finale è una mezcla di sogno e realtà confuse in una fusione di raro gusto estetico, che, sulla scia di un finale aperto, del quale per rispetto allo spettatore non parleremo, ci concede gentilmente di credere al sogno stereotipato dell’artista errante, all’aspirazione della performance ultima, l’esibizione perfetta, capace di vincere sulla vita e sul mondo.
Mattia Serrago
Le nuove barriere del suono
Prima di ogni immagine di Birdman, Antonio Sanchez. E’ il compositore della colonna sonora. Pone una domanda in spagnolo ad Iñárritu, aggiusta i suoni della sua batteria. E il film può iniziare. Un cameo insolito quello del musicista. A posteriori mi rendo conto che l’ “accordatura” dello strumento ponga l’attenzione sul significato filmico più alto.
Mi viene facile paragonare questo film ad un tessuto: la quotidianità delle vite parallele, raccolte in questo buio teatro di Broadway, sono l’ordito; mentre Iñárritu coincide con la trama, il filo che è teso a completare la struttura del tessuto filmico. Con il suo andamento e la sua direzione, è narratore: ricama, evidenzia, trova una ragion d’essere ad alcune fra le azioni ed emozioni di ogni personaggio.
Iñárritu stesso, in una delle recenti interviste, paragona questo prodotto alla fluida percezione vitale, priva di stacchi visibili di montaggio. Ma il racconto cinematografico necessita sintesi. E come combinare, quindi, il cinema ad una percezione visivamente più naturale? Appellandosi ad un grande studio di raccordi filmici, più una precisa tecnica di post-produzione.
Non che il piano sequenza sia qualcosa di nuovo. La storia del cinema colleziona plurimi esempi – sempre troppo poco apprezzati dallo spettatore per ovvia invisibilità. Sarebbero da citare Nodo alla gola di Hitchcock, la Nouvelle Vague, De Palma, o da ricordare l’esperimento firmato Sokurov (L’arca Russa, 2002), un eterno piano sequenza della Russia dal ‘700 fino ai giorni nostri. Forse anche un eterna noia.. che Iñárritu scansa con la geniale intuizione di un ritmo percussivo. Dove non arriva lo stacco visivo, c’è la rullata e il piatto di Sanchez. Le demo, registrate in pre-produzione, dettano il ritmo interno del flusso di ripresa. Sanchez, alla prima esperienza di composizione musicale per immagini, studia un tema per ogni personaggio. Tutto questo viene cestinato da Iñárritu, per reintervenire con un arrangiamento di pancia. Si narra di questa sessione di registrazione nella quale il regista, seduto ad occhi chiusi di fronte alla batteria, conduca con il gesto della mano l’interpretazione di Sanchez. Sinergia. E che poi, nella seconda e definitiva registrazione – questa volta su immagini – lo stesso Iñárritu chieda più energia e sporcature di suono (così utili al nostalgico attore protagonista). Ecco perché Sanchez aggiusta e “scorda” il suo strumento.
Passo quindi in rassegna i fiumi di parole spesi per questo Birdman, che tende a voler essere una commedia, ma che conserva istintivamente la drammaticità tipica del regista messicano. Che forse non eccelle nella modellazione del tema realtà/finzione o del passato, protagonista indiscusso di ogni presente. Né sente il bisogno di lavorare su una struttura narrativa non lineare, ma che sfonda come su di un carro armato la sperimentazione filmica dell’anno che corre.
Anche i “non letterati” ne percepiscono vagamente il risultato.
Ma alle critiche piovute di trattamento di questo o di quel tema, farei un lieve cenno di assenso. Con la speranza che, nel 2015, si cominci a pensare al film non solo come storia, ma come un unità fra variabile profondità di scrittura, sfaccettatura dell’attorialità, implementazione tecnica, e vero rapporto di una produzione di tale corposità nei confronti del background di ognuno degli artisti coinvolti.
Giulia Peruzzotti
Birdman
Regia: Alejandro Gonzàles Iñarritu. Sceneggiatura: Alejandro Gonzàles Iñarritu, Amando Bo, Nicolas Giacobone, Alexander Dinelaris. Fotografia: Emmanuel Lubezki. Montaggio: Douglas Crise. Interpreti: Micheal Keaton, Edward Norton, Emma Stone, Naomi Watts, Zach Galifianakis. Origine: USA, 2014. Durata: 119′.