Il 66° Film Festival di Berlino (www.berlinale.de) si è aperto sotto il segno dei fratelli Coen ed è un bel segno, l’auspicio di dieci giorni di ottimo cinema. Ave, Cesare! di Joel ed Ethan Coen, che inaugura oggi la Berlinale, è un film alla loro altezza, capaci come sono di essere terribilmente seri e insieme terribilmente dissacranti e ilari. Il film, in Italia dal 10 marzo, è ambientato all’inizio degli anni ’50, tra i grandi Studios di Hollywood. Eddie Mannix (Josh Brolin) è un produttore cui tocca risolvere ogni tipo di problema, molto impegnato tanto, da trascurare la famiglia, e molto devoto: si confessa ogni 24 ore per aver fumato qualche sigaretta. Il progetto che gli sta più a cuore è “Ave, Cesare!”, un peplum sulla vita di Cristo raccontata attraverso un legionario interpretato dalla star Baird Whitlock (George Clooney). Quest’ultimo è però rapito da due comparse e trasportato in una villa sul mare a Malibù, dove alloggia un covo di sceneggiatori comunisti che vogliono guadagnare di più, combattere il capitalismo – che per loro passa anche attraverso i film – e raccogliere soldi per il Comintern. La trama è poco più che un pretesto intelligente per collegare tra loro una serie di scene meravigliose: dal colloquio di Mannix con un prete cattolico, un rabbino e un pope ortodosso per illustrare il progetto di film, che dà luogo a un battibecco teologico; a Frances McDormand, montatrice che in moviola rischia di strangolarsi con la cravatta rimasta agganciata all’avanzamento della pellicola. Ancora lo sbrocco di DeeAnne (Scarlet Johansson) o Tilda Swinton che interpreta due sorelle giornaliste rivali, entrambe a caccia di segreti delle star. Fraintendimento e caso guidano come sempre le gag affilate e divertenti dei Coen, che sanno sbeffeggiare i vezzi del regista Laurence Lawrence (Ralph Fiennes) o Hobie Doyle, star nascente di western, capace di suonare, cantare e fare acrobazie (sul cavallo ma anche con il lazo come fosse un ginnasta), ma non di recitare. Esilarante il gruppo di sceneggiatori, catechizzati da Marcuse e con un cane di nome Engels, che butta in acqua il loro piano, nel surreale incontro con un sottomarino sovietico. Nel film i due fratelli del Minnesota si sbizzarriscono con i generi, passando dal musical (anche acquatico) al melodramma, dal western allo storico. Ce n’è per tutti, ma è anche un modo per raccontare Hollywood negli anni del maccartismo e del Comitato per le attività antiamericane, quasi un completamento de L’ultima parola – La storia vera di Dalton Trumbo di Jay Roach in uscita proprio questo fine settimana. Se forse non è all’altezza dei capolavori dei Coen (vedi Fargo, Il grande Lebowski o Non è un paese per vecchi), Ave, Cesare! li conferma ad alti livelli, capaci di pungere e divertire, travolgenti e misurati allo stesso tempo. Un omaggio a un certo tipo di cinema, zeppo di citazioni per la felicità dei cinefili, ma coinvolgente per la soddisfazione di tutti, un divertissement di lusso che non risulta mai banale o scontato, bensì appassionato e non edulcorato, con attori azzeccati, compresa la novità Aiden Ehrenreich.
Oggi entra nel vivo il concorso con Boris sans Béatrice di Denis Coté, Hedi di Mohamed Ben-Attia e, soprattutto, Midnight Special di Jeff Nichols, il regista di Take Shelter.
da Berlino, Nicola Falcinella