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Berlinale 74: il ritorno di Edgar Reitz con Jörg Adolph

Filmstunde_23 - Subjectfilmaking

Edgar Reitz è uno dei più grandi registi della storia del cinema tedesco, per chi scrive il suo Heimat è uno dei più grandi vertici del cinema mondiale. Giustamente la sua Germania quest’anno lo omaggia con la Berlinale Camera, uno dei massimi riconoscimenti alla carriera del festival tedesco: “Edgar Reitz è uno dei registi più influenti della sua generazione; ha creato un’opera che rimarrà per sempre una pietra miliare nella storia del cinema. A 91 anni, Reitz è ancora disposto a mettere in discussione chi siamo e da dove veniamo. Nel suo ultimo lavoro, Filmstunde_23, riesce a trasporre l’idea di casa – come luogo reale e immaginario della nostalgia – al cinema. Siamo lieti di accogliere il suo nuovo film al festival e di assegnargli questo meritato riconoscimento”, hanno così commentato la direttrice esecutiva Mariëtte Rissenbeek e il direttore artistico Carlo Chatrian sull’omaggio a Edgar Reitz.

Questo nuovo lavoro, firmato insieme a Jörg Adolph, è un altro capitolo della sua lunghissima e straordinaria carriera. Reitz riprende le immagini filmate 55 anni fa quando l’allora regista, per due mesi, curò un corso di cinema in un liceo femminile di Monaco. Era il 1968 e una classe del liceo fu letteralmente trasformata in uno studio cinematografico sotto la direzione del giovane Reitz. Erano vere proprie lezioni di cinema: il primo tentativo documentato nella storia del cinema di insegnare l’estetica cinematografica come materia indipendente. Fu un esperimento importante, era una classe di sole ragazze di circa 13 anni che così scoprirono il cinema sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista pratico. L’esperimento diede vita a ventisei cortometraggi in Super 8 che le studentesse girarono in autonomia e ad un documentario che Reitz realizzò sull’esperienza, Ora di cinema (Filmstunde).

Nel 2023 le studentesse dell’epoca si riuniscono insieme al regista tedesco e riguardano quelle immagini, il nuovo film così si sviluppa in un parallelo passato-presente, le donne hanno settant’anni e Reitz novanta, c’è una vita che è passata da quell’esperimento fino ad oggi. Cosa cambia rivedere oggi i film degli studenti? La personalità degli studenti si manifestava già negli esercizi dell’epoca? E cosa dicono le donne della cultura cinematografica contemporanea? Cosa pensa Reitz a distanza di così tanti anni? Il film è fondamentale per un ragionamento sull’educazione alle immagini, strumento di emancipazione che era utilissimo ieri in anni di cambiamento ma è altrettanto importante al giorno d’oggi. Tutti filmiamo qualunque cosa ma ci interroghiamo pochissimo sul significato delle immagini: Reitz ci dice che tutti possono filmare, fare delle immagini era facilissimo anche quando si usava la pellicola, figuriamoci oggi con il digitale. Quello che è più difficile è la produzione di senso delle immagini stesse, e ovviamente l’approccio personale che ne consegue. Quanti registi contemporanei dovrebbero vedere questo film e rifletterci molto seriamente.
Filmstunde_23 è anche la storia di un fallimento, Reitz voleva allargare il progetto a più scuole, avrebbe voluto invitare altri registi a fare lo stesso e dare continuità al progetto ma fu un’impresa impossibile. Il grande regista tedescoracconta con amarezza questa sconfitta, ma poi diverte quando rivela cheavrebbe voluto obbligare ogni regista tedesco ainsegnare cinema a scuola almeno per un anno. Erano anni in cui davvero si credeva di poter cambiare il mondoe l’educazione era basilare, ma lo è forse ancora di più oggi con lo strumento audiovisivo di cui tutti parlano ma che nessuno conosce davvero fino in fondo. Filmstunde_23 è infine una straordinaria e commovente dichiarazione d’amore per il cinema, ci auguriamo che i molti festival di cinema italiani lo invitino nelle loro programmazioni, è un film che ha bisogno di dialogare con chi fa e con chi vede cinema oggi.

da Berlino, Claudio Casazza

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