Un anno dopo Alcarras – L’ultimo raccolto sarà ancora la Spagna a vincere l’Orso d’oro della 73^ Berlinale? Una delle sorprese di un concorso partito in sordina e cresciuto con l’andare dei giorni è 20.000 especies de abejas – 20.000 Species of Bees dell’esordiente Estibaliz Urresola Solaguren. Dalla Catalogna del film di Carla Simon (che stavolta fa parte della giuria presieduta dall’attrice Kristen Stewart) si passa nei Paesi Baschi, di nuovo d’estate e in un’area rurale. Tra i due lavori i punti di convergenza sono numerosi, alcuni evidenti altri meno, a partire dalle sensibilità delle due registe nel tratteggiare le questioni familiari, le piccole cose della vita quotidiana e i conflitti, là più evidenti e definiti, qui più sotterranei e sfumati ma non meno duri. E anche qui, fin dal titolo, non si può prescindere dalle opere di Victor Erice.
La quarantenne Ane torna da Bayonne, in Francia, dove vive con il marito, nel paese natale per il battesimo di un parente. Con lei ci sono i tre figli, tra i quali piano piano emerge il minore, Aitor di otto anni, chiamato da tutti Coco, sebbene non ami il nomignolo. Per via dei capelli lunghi, le signore del paese lo scambiano per una bambina. Il fatto che non sia chiaro se si tratti di un maschio o di una femmina, e che l’interessato sia il primo a non volersi definire, quasi rifiutando i nomi, scombussola progressivamente tutti, costringendo a una riflessione su se stessi. L’unica che accetta il figlio per come è, senza porsi troppi problemi su cosa sia, sottolineando la sua età più che il nome o il genere, difendendo per questo la libertà di scoprire e scoprirsi, è la madre. Così Coco fa una gita sul lago con gli zii che, alle sue domande sulle sirene, rispondono con un discorso sulla fede che sembra aperto alla comprensione. Il passatempo preferito dal bambino è stare all’apiario con la zia che gli spiega come battere colpi sugli alveari serva a far avverare i desideri o a iniziare una nuova vita. Intanto la nonna materna, così dura con la figlia scultrice della quale non ha capito nulla, gli parla di Santa Lucia.
Estibaliz Urresola Solaguren fa un film delicato, che sembra smorzare più che acuire, usa molto i simboli e vuole far tornare (e far capire) tutte le cose in un finale forse troppo lungo, ma senza perdere forza. È una pellicola incisiva sul desiderio di farsi accettare come si è, sull’identità in generale ancor più che sull’identità di genere. Per fortuna la regista non ne fa l’ennesimo manifesto, ma cerca la semplicità (e non la facilità) nel raccontare una storia che diventa universale con momenti molto belli.
L’altra sorpresa della competizione, che difficilmente mancherà dal palmares finale, è il coreano-americano Past Lives di Celine Song.
Siamo a New York e le voci di due osservatori fuori campo ipotizzano i rapporti tra una donna asiatica, un uomo asiatico e un uomo americano seduti in un bar: i primi due stanno parlando tra loro, molto coinvolti dal discorso, mentre il terzo si estrania, sembra a disagio. Si salta subito indietro di 24 anni, a Seul. Na Young (che poi si farà chiamare Nora) e Hae Sung sono compagni di scuola e amici, però in competizione per i voti. Quando la ragazza emigra in Canada con la famiglia, il padre regista e la madre scrittrice, i due si perdono di vista e si ritrovano 12 anni dopo via social. Sebbene lei sia fidanzata con l’ebreo americano Arthur, cominciano a scriversi regolarmente e parlano di incontrarsi. Di nuovo ai giorni nostri, il tempo è trascorso, Nora è sposata e Hae Sung la raggiunge.
Past Lives è l’immaginare le vite altrui come fa pensare l’incipit ma è pure una riflessione sulle possibili vite alternative e sulle diverse forme in cui si manifesta l’amore, i dubbi legati ai sentimenti e le conseguenze sugli altri. Una pellicola sentimentale molto delicata, tra Hong Sang-soo e Linklater, che mescola il melodramma e la commedia. La regista affronta bene i passaggi delicati dell’amore, i tormenti, gli slanci, le incertezze, l’idealizzazione dell’altro che si sente a distanza e i problemi quotidiani, anche di tipo economico, che possono costituire un freno. Posizioni e sentimenti in cui molti possono ritrovarsi e trattati con garbo e profondità in un film emozionante e toccante.
da Berlino, Nicola Falcinella