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Berlinale 73: Here ci racconta cosa vuol dire essere umani oggi

Bas Devos, parlando del film, cita la scrittrice di fantascienza Ursula K. Le Guin, che negli anni ’80 scrisse un breve saggio dal bel titolo: The Carrier Bag Theory of Fiction. In esso, sostiene che i primi umani fossero principalmente raccoglitori di bacche, frutti, cereali e semi. L’immagine che abbiamo di un cacciatore, di un portatore di lance, di un uccisore di mammut, può ben dominare la nostra coscienza collettiva, ma è viziata. Il primo manufatto culturale non era una lancia, dice Le Guin, ma un vaso. Una ciotola, una borsa per la spesa, una rete intrecciata, un sacchetto in cui portare a casa tutti quei semi, noci e foglie. A Devos piace molto questo saggio e soprattutto quell’immagine dell’accumulare e condividere che ci definisce davvero come esseri umani. Dopo aver letto questo saggio il suo film ha cominciato davvero a prendere forma.

Devos è un regista belga e non ha neanche quarant’anni, ma già padroneggia con precisione le sue storie: Violet nel 2014 ha vinto alla Berlinale il premio della giuria in Generations, mentre il suo ultimo lavoro, Ghost Tropic, era stato presentato a Cannes nel concorso della Quinzaine nel 2019.
Here è il suo quarto film e ha probabilmente raggiunto la piena maturità. La storia che ci racconta è semplicissima ma toccante: Stefan (Stefan Gota), un operaio edile rumeno che vive a Bruxelles, sta per tornare a casa per le vacanze. Svuota il frigorifero e fa una zuppa con le verdure che altrimenti andrebbero a male. Quindi distribuisce quella zuppa ai suoi amici e alla sua famiglia come regalo di addio, non è sicuro di tornare in Belgio. Si fa riparare l’auto da un amico meccanico e si accinge a partire per far ritorno in Romania.
Mentre è pronto per partire, incontra però una giovane ragazza di origine cinese (Liyo Gong) che lavora in un piccolo ristorante mentre prepara un dottorato sui muschi. Sono due tristezze che si incontrano, Devos è bravo a calibrare i tempi in una storia che sembra la classica “boy meets girl” ma che è invece qualcosa di molto di più. Lui non sa cosa fare della sua vita, lei cerca di sapere qualcosa dalla terra e dalle piante più che dagli esseri umani. Chi siamo noi in mezzo alla natura? Qual è il nostro posto del mondo?
È un film esile ma dolcissimo, un film che ci parla di scatole di zuppa, di semi e radici e del soffice muschio sotto i nostri piedi. In definitiva, è un piccolo film su cosa significa essere umani.

da Berlino, Claudio Casazza

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