Due film molto diversi ragionano di ambientalismo e di quello che è il nostro presente e il nostro futuro se non cambiamo qualcosa delle nostre abitudini. Il primo è una fiction che prende spunto dalla realtà italiana; il secondo è un documentario universale che parte dall’osservazione degli animali.
Semina il vento di Danilo Caputo racconta dei casi di xylella, il batterio che ha flagellato il Salento negli ultimi anni. Siamo vicino all’Ilva, la più grande acciaieria europea che ha danneggiato l’ambiente della regione per decenni. La protagonista è Nica, una giovane studentessa di agronomia che ritorna a casa dei suoi genitori nel sud Italia dopo una lunga assenza. È profondamente legata alla terra di sua nonna e ai suoi ulivi secolari, che non danno frutti da tre anni. Sono infestati da insetti che nessun pesticida è stato finora in grado di sradicare. Nica è decisa a trovare una soluzione. Ma il tempo sta scadendo perché i suoi genitori pensano solo al denaro e vogliono abbattere gli alberi. Semina il vento è incentrato sul conflitto modernità-tradizione che tanto piace al cinema italiano ambientato al Sud, il film è a tratti molto interessante ha il coraggio di prendere posizione ed è decisamente un omaggio alla natura nel senso più assoluto. Quel che è problematico è l’accumulo di troppi materiali, infatti il conflitto tra modernità e tradizione diventa presto anche uno scontro familiare, ma anche ambiente contro malaffare, e scienza contro credenze pagane. Proprio per questo eccesso di conflitti la costruzione e la sceneggiatura sono spesso zoppicanti, nonostante ciò emerge con forza il personaggio di Nico, che sembra l’unica persona in grado di capire cosa bisogna fare, ma l’ostilità e l’oscurità del paese sono fortissime, la sua lotta è un po’ la lotta di tutti noi: se vogliamo cambiare questi tempi dobbiamo prendere delle posizioni.
Dalla sezione Encounters arriva invece Gunda di Victor Kossakovsky, il regista dei recenti Vivan las antipodas! e Aquarela. La protagonista del film è una scrofa, la vediamo che si prende cura dei suoi piccoli, li allatta, li accompagna verso l’inizio della vita. Gunda si riposa al sole o al riparo in mezzo al fieno, si avvicina alla telecamera, e sembra guardarla. Cosa pensa? Sa quale sarà il suo destino? Cosa pensa di noi? Gunda è una delle diverse centinaia di milioni di maiali che abitano il pianeta: dobbiamo ricordarci che gli animali sono più degli uomini, nel film vediamo anche due mucche che muggiscono piene di grazia, nel mondo ci sono un miliardo di bovini; e ci sono anche 20 miliardi di polli, che Kossakovsky rappresenta attraverso un pollo con una zampa sola, un pollo meraviglioso che sembra inciampare nel mondo.
Gli animali si gettano nel fango, scacciano le mosche o cercano i vermi, sono loro gli eroi del film di Victor Kossakovsky. Gunda è prodotto, tra gli altri, anche dall’attore Joaquin Phoenix, noto vegano e attento agli animali e all’impronta degli esseri umani nel mondo. Kossakovsky osserva questo mondo con minimalismo, sta attaccato agli animali, non dice nulla con le parole né con la musica, non fa proclami ma ci mostra questo mondo nella sua semplicità. Gunda è un film che attribuisce grandiosità ai perdenti, ci fa capire così l’ignoranza di noi esseri umani nel non comprendere lo stato in cui vivono questi animali. L’unica risposta di noi spettatori non può che essere capire e lavorare contro il consumo di carne. Ci fa pensare, e non è facile poi uscire dal cinema e imbattersi negli odori di wurster e salsicce che invadono la zona del festival.
da Berlino, Claudio Casazza