La 68° Berlinale (www.berlinale.de) si apre giovedì 15 febbraio per consegnare l’Orso d’Oro il 25 febbraio. Il primo dei grandi festival europei si conferma nel solco della tradizione. Ad aprire la kermesse Wes Anderson, che torna dopo Grand Budapest Hotel a inaugurare il Film Festival di Berlino con l’animazione Isle of Dogs.
Scopriamo nel dettaglio cosa ci attende nelle sale del festival, partendo dalla presenza degli italiani.
ITALIANI
Il cinema italiano ha una non massiccia ma promettente: un’opera in concorso, una novità e una coproduzione in Panorama e il documentario Lorello e Brunello di Jacopo Quadri nel collaterale Culinary Cinema. Laura Bispuri torna a correre per l’Orso, dopo il debutto Vergine giurata, con Figlia mia ambientato in Sardegna con Valeria Golino, Alba Rohrwacher, Sara Casu e Udo Kier. Il film esce subito nelle sale, giovedì 22 febbraio. In Panorama c’è La terra dell’abbastanza – Boys Cry dei giovani fratelli romani Damiano e Fabio D’Innocenzo, un dramma di periferia con Matteo Olivetti, Andrea Carpenzano, Milena Mancini, Max Tortora e Luca Zingaretti. Ancora Land” dell’iraniano Babak Jalali (noto per Frontier Blues e Radio Dreams, vincitore al festival di Rotterdam 2016), coproduzione tra Italia, Francia, Olanda e Messico.
IL CONCORSO
Per l’Orso d’Oro corrono 19 film, tra frequentatori assidui della Berlinale, novità, ritorni ed esordienti. Come sempre temi sociali, quattro donne registe, attenzione ai debuttanti, quattro film tedeschi, attenzione agli equilibri geopolitici anche se c’è molta Europa e mancano Cina e Giappone. Tra i grandi nomi, oltre ad Anderson che inaugura: Ang Panahon ng Halimaw – Season of the Devil del filippino Lav Diaz (Orso d’Argento nel 2016 con A Lullaby to the Sorrowful Mistery, oltre che Pardo d’Oro e Leone d’Oro), Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot di Gus Van Sant con Joaquin Phoenix, Jonah Hill, Rooney Mara, Jack Black e Udo Kier, Dovlatov del russo Alexey German Jr. con Milan Maric, Danila Kozlovsky, Helena Sujecka, Artur Beschastny.
I tedeschi sono rappresentati soprattutto da My Brother’s Name is Robert and He is an Idiot di Philip Gröning (il regista de Il grande silenzio e La moglie del poliziotto); Transit di Christian Petzold con Franz Rogowski, Paula Beer e Barbara Auer; ancora 3 Days in Quiberon di Emily Atef con Marie Bäumer, Birgit Minichmayr e Denis Lavant e In the Aisles di Thomas Stuber con Franz Rogowski, Sandra Hüller.
Dagli Stati Uniti arriva anche Damsel di e con David Zellner e Nathan Zellner con Robert Pattinson e Mia Wasikowska.
Oltre alla Bispuri, tornano a Berlino in parecchi: la polacca Małgorzata Szumowska (Corpi) con Twarz – Mug; il francese Benoit Jacquot con Eva con Isabelle Huppert, Gaspard Ulliel; l’iraniano Mani Haghighi con Pigs con Leila Hatami. Atteso è Utøya July 22 del norvegese Erik Poppe che fa i conti con gli attentati dell’estremista Anders Behring Breivik a Oslo nel luglio 2011.
Due i debutti: Touch Me Not dell’esordiente romena Adina Pintilie e The Heiresses esordio del paraguagio Marcelo Martinessi. Infine Museum del messicano Alonso Ruizpalacios (noto per Gueros) con Gael García Bernal e Alfredo Castro, The Prayer del francese Cédric Kahn con Anthony Bajon, Damien Chapelle e Hanna Schygulla, Toppen av ingenting – The Real Estate degli svedesi Måns Månsson and Axel Petersén.
GIURIA
Il presidente è il regista e sceneggiatore tedesco Tom Tykwer. Con lui l’attrice Cécile de France, l’ex direttore della Filmoteca Española Chema Prado, la produttrice Adele Romanski, il compositore Ryūichi Sakamoto e la critica americana Stephanie Zacharek.
SELEZIONE UFFICIALE
Fuori concorso c’è Unsane di Steven Soderbergh con Claire Foy, Joshua Leonard, Jay Pharoah e Juno Temple. In aggiunta il documentario sui migranti Eldorado dello svizzero Markus Imhoof, 7 Days in Entebbe di José Padilha (già Orso d’Orso tempo fa per Tropa de elite), Ága del bulgaro Milko Lazarov e Black 47 dell’irlandese Lance Daly.
In Berlinale Special ci sono Becoming Astrid della danese Pernille Fischer Christensen; The Happy Prince di e con Rupert Everett; The Bookshop di Isabel Coixet; The Interpreter dello slovacco Martin Šulík; il cinese Monster Hunt 2 di Raman Hui. Ancora i documentari America Land of the FreeKS di Ulli Lommel, A Journey to the Fumigated Towns di Fernando Solanas, Ryuichi Sakamoto di Stephen Nomura Schible e Songwriter di Murray Cummings. Tra i Berlinale Series c’è la serie australiana Picnic at Hanging Rock ispirata al capolavoro di Peter Weir.
PREMI E OMAGGI
Willem Dafoe riceverà l’Orso d’oro alla carriera e nell’occasione sarà proiettato The Hunter (2011) dell’australiano Daniel Nettheim. Il premio è accompagnato da un omaggio in dieci film, tra cui: Antichrist, L’ultima tentazione di Cristo, Mississippi Burning, Pasolini e Vivere e morire a L.A.. Il Berlinale Camera andrà alla presidente dell’European Film Market Beki Probst, al direttore dell’Israel Film Fund Katriel Schory e al grande regista ceco Jiří Menzel.
PANORAMA
La sezione sembra più centrale dentro il programma rispetto alle ultime annate e può riservare sorpresa. I più interessanti potrebbero essere Human, Space, Time and Human del coreano Kim Ki-duk e Foreboding del giapponese Kiyoshi Kurosawa. Ma c’è curiosità anche per Genesis dell’ungherese Árpád Bogdán, Invasion dell’iraniano Shahram Mokri e Horizon della georgiana Tinatin Kajrishvili. La Svizzera propone ben tre opere: il documentario Hotel Jugoslavija di Nicolas Wagnières, Ondes de choc – Journal de ma tête di Ursula Meier con Fanny Ardant e Ondes de choc – Prénom: Mathieu di Lionel Baier.
FORUM
Il 48° Forum degli indipendenti resta la sezione dedicata alle scoperte e agli esordi, ma non solo. Quest’anno sono presenti anche opere di grandi nomi, come Victory Day dell’ucraino Sergei Loznitsa, Infinite Football del romeno Corneliu Porumboiu e Grass del coreano Hong Sangsoo. Cìè poi Afrique, la pensée en mouvement Part I film senegalese del camerunense Jean-Pierre Bekolo, dagli anni ’90 uno dei nomi di punta del cinema africano. Inoltre The Green Fog di Guy Maddin, Evan Johnson e Galen Johnson, Madeline’s Madeline dell’americana Josephine Decker, The Tree del portoghese André Gil Mata che ha girato in Bosnia, An Elephant Sitting Still del cinese Hu Bo, Young Solitude della francese Claire Simon e infine Waldheims Walzer dell’austriaca Ruth Beckermann.
Nelle proiezioni speciali del Forum poi rarità e recuperi come 11 x 14 (1976) dell’americano James Benning, Geschichten vom Kübelkind – Stories of the Dumpster Kid (1970) di Ula Stöckl ed Edgar Reitz, When I Am Dead and Pale (1967) dello jugoslavo Živojin Pavlović. Una chicca è A Pink Tribute to Keiko Sato, ovvero l’epico periodo dei Pink Eiga che diedero uno scossone al cinema giapponese tra gli anni ’60 e i ’70, con l’omaggio a una donna produttrice, Keito Saito, che lavorò in un ambiente maschile con lo pseudonimo di Daisuke Asakura.
da Berlino, Nicola Falcinella