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Berlinale 2015: giornate d’apertura

herzogLa seconda giornata del concorso del Festival di Berlino ha riscattato la deludente apertura con Nobody Wants the Night della spagnola Isabel Coixet.
Werner Herzog con Queen of the Desert ha spiazzato un po’ la platea con un sontuoso melodramma western di sabbia e di vento. Nicole Kidman interpreta Gertrude Bell, gentildonna inglese che nei primi anni del 1900 andò a Tehran e lì scoprì il fascino del medioriente e diventò una delle maggiori conoscitrici di quella zona di mondo e dei beduini del deserto. Viaggiatrice, archeologa, scrittrice, nonché agente segreto britannico, di grande fascino e coraggio, un’avventuriera vecchio stampo, sfrontata e diplomatica, capace di destreggiarsi tra soli uomini. In Persia si innamorò di un segretario d’ambasciata, Cadogan (James Franco), come lei appassionato di poesia che la aiutò nell’iniziare gli studi di farsi e arabo, ma che la lasciò “vedova”. Durante la guerra mondiale fu chiamata come consigliera per la gestione della crisi dell’Impero ottomano e la divisione di quei territori. Le conseguenze di quelle scelte – fu la Bell a consigliare di sostenere Abd al-Aziz ibn Saud nel fondare la monarchia ancora al potere in Arabia Saudita – si sentono ancora oggi. Così il film di Herzog si rivela attualissimo, a cento anni da quei fatti, anche mostrando un approccio a quelle aree ingenuo, romantico e di scoperta: non a caso con T. E. Lawrence (interpretato da Robert Pattinson in una breve apparizione) la protagonista si incontra davanti alla bellezza di Petra. Herzog, con le musiche di Klas Badelt, spinge sulle corde del melò, filma il deserto quasi in movimento come nessuno (e fa ripensare a Fata morgana), omaggia John Ford e la Dietrich in Marocco di von Sternberg nel finale. Fa una comparsa, anche a dorso di cammello, un giovane Churchill impegnato nelle trattative.

Taxi è già il terzo lungometraggio di Jafar Panahi, dopo la condanna a non girare più film per motivi politici da parte del regime iraniano. Il Leone d’oro perpanahitaxi Il cerchio stavolta veste la parte di se stesso come conducente di taxi con una camerina sul cruscotto. Un altro film iraniano in auto con personaggi che si alternano con l’ironia, le trovate di cinema e le osservazioni sulla società che Panahi ha nelle corde. Scherza sulle regole emanate per fare un film “distribuibile” e sul “sordido realismo” nei film condannato dalle istituzioni. Parla di cinema: cita i suoi Oro rosso, Lo specchio e Offside (e facendolo si rifà ai suoi maestri Kiarostami e Makhmalbaf con le persone che salgono sul taxi e lo riconoscono o conoscono i suoi film) e poi Woody Allen, Ceylan, Kim Ki-Duk e Kurosawa grazie a un provvidenziale venditore di dvd proibiti. Si discute più o meno esplicitamente delle paure, della pena di morte, dei diritti delle donne e della criminalità. Un giro in taxi per la città, in un apparente tempo reale, che è uno sguardo lucido su un paese tra realtà e messa in scena.
Molto interessante anche l’inglese 45 Years di Andrew Haigh con Charlotte Rampling e Tom Courtenay. Un dramma intimo quasi da camera per una coppia di campagna che sta per festeggiare i 45 anni di matrimonio. Le piccole cose quotidiane, la colazione, portare a spasso il cane, incontrare i pochi vicini, ritirare la posta, quando arriva una notizia riguardante Katya, la vecchia fidanzata di lui morta sulle montagne svizzere nel 1962. Una notizia che turba il loro rodato equilibrio per la settimana di preparativi di un anniversario da ballare sulle note dei The Platters.

da Berlino, Nicola Falcinella

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