Nessun film italiano tra i 19 annunciati nel concorso dell’imminente 75^ Berlinale (13-23 febbraio, www.berlinale.de) . La britannica Tricia Tuttle ha preso le redini da Carlo Chatrian come direttrice e la minore attenzione verso il cinema tricolore (sempre presente in gara da molti anni) può essere un segnale, anche se l’altra concausa è il rallentamento della produzione nazionale, a causa delle restrizioni e delle incertezze sui finanziamenti pubblici dopo gli anni del boom e degli eccessi produttivi. Nell’insieme la selezione si presenta interessante, con un buon programma, ricchissimo di proposte e anche di nomi nuovi, che naturalmente andrà verificato durante il festival e a posteriori. L’Orso d’oro alla carriera andrà a una delle attrici più inconfondibili e insieme trasformiste di questi decenni, Tilda Swinton.
Sono presenti registi immancabili a Berlino o quasi, come il prolifico coreano Hong Sang-Soo che torna in gara con What Does that Nature Say to You, e ci sono i grandi ritorni di Richard Linklater con Blue Moon (nel cast Ethan Hawke, Margaret Qualley e Bobby Cannavale) e Radu Jude con Kontinental ‘25. Tre nomi da includere in un pronostico che, a Berlino più che mai, è apertissimo soprattutto alle novità. L’impronta del cambiamento si vede dalla soppressione del concorso sperimentale Encounters e dall’innesto di una sezione interamente dedicata alle opere prime, con 14 lungometraggi. Se i festival maggiori – Cannes, Venezia e pure Locarno – assegnano da molti anni premi al miglior esordio (la Caméra d’or o il Leone del futuro), non c’erano sezioni ufficiali riservate, tranne quelle collaterali come la Settimana della critica di Venezia.
Tra i nomi più noti in gara ci sono Dreams di Michel Franco con Jessica Chastain e Reflet dans un diamant mort – Reflection in a Dead Diamond di Hélène Cattet e Bruno Forzani, con Fabio Testi e Maria de Medeiros. Ancora il norvegese Dag Johan Haugerud con Dreams (Sex Love), che completa la trilogia iniziata con Sex, premio della giuria ecumenica un anno fa proprio a Berlino, e proseguita con Love, presentato alla Mostra di Venezia.
In competizione anche La Tour de Glace – The Ice Tower di Lucile Hadžihalilović, con Marion Cotillard, August Diehl e Gaspar Noé, Girls on Wire della cinese Vivian Qu e Ari di Léonor Serraille. L’unico documentario in concorso è l’ucraino Timestamp di Kateryna Gornostai, mentre il solo debutto è Hot Milk di Rebecca Lenkiewicz, con Emma Mackey, Fiona Shaw, Vicky Krieps e Vincent Perez.
C’è un po’ di Italia in Paternal Leave, opera prima dell’attrice Alissa Jung, moglie del nostro Luca Marinelli che è protagonista al fianco di Juli Grabenhenrich.
In Berlinale Special Gala spicca l’anteprima tedesca del capolavoro A Complete Unknown di James Mangold con Timothée Chalamet, seguono Heldin – Late Shift della svizzera Petra Volpe, Das Licht – The Light ritorno di Tomn Tykwer (Lola corre), Lurker di Alex Russell, Mickey 17 di Bong Joon Ho, con Robert Pattinson, Naomi Ackie, Steven Yeun, Toni Collette e Mark Ruffalo, e The Thing with Feathers di Dylan Southern, con Benedict Cumberbatch.
Berlinale Special presenta: Je n’avais que le néant – “Shoah” par Claude Lanzmann (All I Had Was Nothingness) di Guillaume Ribot; Leibniz – Chronik eines verschollenen Bildes (Leibniz – Chronicle of a Lost Painting) di Edgar Reitz e Anatol Schuster, con Edgar Selge, Aenne Schwarz, Michael Kranz, Lars Eidinger, Barbara Sukowa; My Undesirable Friends: Part I – Last Air in Moscow di Julia Loktev (Day Night Day Night e The Loneliest Planet).
Perspectives è la sezione dedicata ai debutti con titoli che guardano in prevalenza a Oriente: ci sono la coproduzione italiana, con Slovenia, Croazia e Serbia, Kaj ti je deklica (Little Trouble Girls) di Urška Đukić e il francese Le rendez-vous de l’été (That Summer in Paris) di Valentine Cadic con India Hair.
Nell’affollato Panorama (34 lavori) incuriosiscono soprattutto il documentario Paul del canadese Denis Côté e Peter Hujar’s Day di Ira Sachs, con Ben Wishaw e Rebecca Hall. Ancora il danese Begyndelser – Beginnings di Jeanette Nordahl, con Trine Dyrholm, il francese L’ Incroyable femme des neiges – The Incredible Snow Woman di Sébastien Betbeder (Les nuits avec Théodore, Marie et les naufragés, Le voyage au Groenland), con Blanche Gardin e Philippe Katerine, Magic Farm di Amalia Ulman, con Chloë Sevigny, e il tedesco Zikaden – Cicadas di Ina Weisse, con Nina Hoss e Vincent Macaigne.
Torna in Generation Michel Gondry con Maya, donne-moi un titre – Maya, Give Me a Title, con Maya Gondry e Pierre Niney. Da notare Hora do recreio – Playtime della brasiliana Lucia Murat, vincitrice del Pardo d’oro a Locarno 2022 con il disperso Rule 34.
Berlinale Shorts include 20 cortometraggi da 18 Paesi, oltre a un programma speciale in occasione dei 75 anni del Festival, con sei corti delle passate edizioni: in evidenza Two Ships della futura Palma d’oro Justine Triet (Anatomia di una caduta) con Laetitia Dosch.
Il Forum degli indipendenti è da sempre luogo di scoperte e di film poco allineati: si segnalano Restitucija, ili, San i java stare garde – Eighty Plus del grande regista serbo Želimir Žilnik (Orso d’oro nel lontano 1969 con Rani radovi – Early Works), Cadet del kazako Adilkhan Yerzhanov, i documentari Canone effimero di Gianluca e Massimiliano De Serio (Sette opere di misericordia) e Chas pidlotu – Time to the Target del russo espatriato Vitaly Mansky.
Nicola Falcinella