Che dire? Non è che il nuovo prodotto cinematografico dell’universo Marvel sia deludente; è solo che, forse, siamo rimasti ancorati alle aspettative e agli standard fissati dal sequel di The Avengers. Forse Ant-Man non è stata la scelta migliore, forse uno spin-off su Cap. America avrebbe fruttato, incuriosito e attratto di più, ma in fondo chi può dirlo? Certo, invece, è che, a seguito di una generale considerazione del prodotto nel suo complesso, Ant-Man pecchi di originalità e che le idee del gigante Marvel comincino a scarseggiare quando si tratta di portare in scena una nuova narrazione.
A dire il vero risulta anche fastidioso quest’ossessivo accumulo di nuove pellicole dedicate agli eroi Marvel. É vero, “squadra che vince, non si cambia”, ma non per questo è necessario ostinarsi a voler tirar fuori dal cilindro un nuovo film ogni sei mesi. Lo schema narrativo di Ant-Man, in fin dei conti, segue gli stessi punti chiave dei precedenti capisaldi della casa madre, ma non è neanche lontanamente paragonabile all’entusiasmo che questi generavano, né allo spettacolo che ne seguiva. Nella creazione del regista Peyton Reed non c’è l’azione distruttiva dell’Hulk di The Avengers, né il sarcasmo del brillante Tony Stark; non c’è la forza bruta di Cap e di certo la co-protagonista Hope Van Dyne (Evangeline Lilly) non è all’altezza della Black Widow, Scarlett Johansson.
Unico merito concreto che è giusto riconoscere a questa nuova storia e un certo grado di fedeltà al fumetto, fedeltà che, al contrario, è stata spesso tralasciata in altre trasposizioni cinematografiche marveliane. Peccato che non si accenni alla pregressa storia dell’Ant-man Hank Pym (Michael Douglas), peccato che non si parli del suo ruolo nella creazione di Ultron – visto e considerato che la distribuzione dell’omonimo capitolo di Avengers è piuttosto recente – e, cosa ancora più importante, peccato che si faccia così poco riferimento agli stessi Vendicatori, dato che – sorpresa sorpresa – furono proprio i coniugi Pym i fondatori della specialissima unità.
La trama si attesta sul secondo Ant-Man, Scott Lang (Paul Rudd), un ladro con abilità piuttosto ricercate e finito in prigione per un colpo andato male. Il suo ritorno al mondo libero segna l’inizio del racconto; l’incapacità d’integrarsi a pieno, invece, rappresenterà il catalizzatore dello svolgimento. Con un passato da ex-detenuto è difficile ricominciare e ancor più complicato è schivare il proiettile dell’abbandono di un figlia, che nonostante il tempo ancora ti considera un eroe. L’unica triste soluzione è il ritorno alla vecchia vita, ma è qui che il Dott. Hank Pym fa il suo ingresso in campo. Sotto la guida del vecchio scienziato, il giovane Scott diventerà l’eroe che la figlia Cassie si aspetta che sia, un eroe che nel suo piccolo ha il potenziale di salvare quanto vi è di più grande, proteggendo il futuro del mondo dallo squilibrato erede di Pym, Darren Cross (Corey Stoll).
Inutile dire che, data la ricchezza di elementi e i contenuti presenti nella storia del primo Ant-Man, sarebbe stato bello iniziare da lì il travagliato racconto che si cela dietro il nome dell’omonimo super-eroe, ma d’altro canto – parafrasando l’essenza del film stesso – non si può avere tutto dalla vita o, in questo caso, dalla Marvel.
Mattia Serrago
Ant-Man
Regia: Peyton Reed. Sceneggiatura: Edgar Wright, Joe Cornish, Adam Mckay, Paul Rudd. Fotografia: Russell Carpenter. Montaggio: Dan Lebental, Colby Parker Jr. Musiche: Christophe Beck. Interpreti: Paul Rudd, Michael Douglas, Evangeline Lilly, Corey Stoll, Bobby Cannavale, Michael Peña. Origine: USA, 2015. Durata: 117′.
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