Che sensazione sgradevole questa solitudine che prende lo stomaco quando ci lascia un maestro del cinema. Il tempo fa il suo corso è una frase che non ho mai trovato consolatoria. Poi, certo, di un regista rimangono sempre i suoi film, l’Opera Omnia da riguardare con un pizzico di nostalgia. Ma quando si è costretti ai necrologi ogni settimana, non puoi che guardare indietro, che in questo caso significa Nouvelle Vague, Chaiers du Cinéma, cinefilia, “politica degli autori”. Jacques Rivette fu tra i “giovani turchi” – come vennero battezzati i fondatori della Nouvelle Vague, già critici agguerriti sulle pagine dei Chaiers di André Bazin – e, come i suoi colleghi Chabrol, Godard, Truffaut e Rohmer, arrivò al cinema praticato negli anni ’50, prima di tutti, realizzando cortometraggi per arrivare al primo lungo nel 1961: Parigi ci appartiene. Esplode la Nouvelle Vague, che impone un nuovo approccio alla materia narrata, con stile libero e indipendenza dal cinema definito “di papà”, senza però la necessità di omologarsi, di fare film sotto un cappello codificato, di un manifesto. Cinefilo fino al midollo, Rivette aveva conosciuto i futuri compagni di avventura durante le frequentazioni della Cinémathèque Française e del Cineclub du Quartier Latin. Al contrario dei suoi colleghi, il primo lungo, prodotto tra l’altro da Truffaut e Chabrol, è un flop commerciale e deve attendere il 1966 per sorridere di un successo di pubblico con Suzanne Simonin. La religiosa (con la magnifica Anna Karina), aiutato forse anche dalla censura che, prima ne recide intere scene, poi ne dispone il sequestro. Il successivo L’Amour fou mette alla prova la distribuzione con i suoi 252′, ma è con le dodici ore (12!!) di Out 1: Noli me tangere che Rivette diventa un regista per cultori e si allontana dal grande pubblico, prima di tornare a un cinema meno fluviale ma altrettanto sperimentale – pensiamo a Duelle e Le Pont du Nord. A metà degli anni ’90 due film dedicati a Giovanna d’Arco, e poi due film film magnifici nel 2003 e nel 2006, Storia di Marie e Julien e La duchessa di Langeais. Il suo ultimo film è del 2009, Questione di punti di vista, e vede tra gli interpreti Sergio Castellitto.
Aveva scritto in uno dei suoi articoli: “che cosa chiediamo all’arte? che ci giustifichi; che chiarendo provi; che mostrando dimostri”.
Adesso di quella stagione splendida rimane unico testimone Jean-Luc Godard. Che dio lo preservi!!!
A.L.