L’amore è certamente ciò che accomuna ogni essere umano sul pianeta terra. Ma non in tutti i Paesi del mondo è libero di esistere allo stesso modo.
Presentato in anteprima quest’anno al 77° Festival di Cannes, Amore a Mumbai (All We Imagine as Light) è il primo film di finzione della regista Payal Kapadiya. Payal ha scritto una storia dolce e delicata che tratta il tema dell’amore ambientato in India, un Paese dove vige una forte cultura induista caratterizzata da profonde tradizioni, anche in una metropoli cosmopolita come Mumbai. Lei stessa mumbaikar di nascita, la regista ha voluto analizzare la condizione femminile, raccontando dell’indipendenza che le donne in India riescono a raggiungere. Ma a loro manca sempre un’importante autonomia privata: poter scegliere chi sposare.
In Amore a Mumbai conosciamo Prabha (Kani Kusruti), un’infermiera che dedica la sua vita al duro lavoro in ospedale con una profonda ferita nel cuore: suo marito si è trasferito in Germania e non la chiama più da tempo. Cosa può farci ora con tutto l’amore che prova? Prabha condivide la casa con la sua nuova coinquilina Anu (Divya Prabha), una ragazza più giovane e infermiera come lei, che invece vive un amore appassionato e clandestino per un ragazzo musulmano. Parallelamente, però, i suoi genitori si stanno impegnando per trovarle il marito migliore, naturalmente induista: come può scappare dal suo destino?
Queste due donne non sono complici fin dall’inizio. La loro amicizia cresce con lo sviluppo della storia e con la condivisione reciproca dei propri segreti. Prabha è tradizionale, cauta e in attesa, non osa giocare con le emozioni che prova, anzi le teme e scappa da esse. Anu è rivoluzionaria, libera e innamorata. Appartengono a due generazioni differenti ed entrambe hanno molto da trasmettersi l’una con l’altra. I loro due amori vengono messi a confronto con una certa delicatezza dalla regista, nonché sceneggiatrice del film. L’eleganza che utilizza per raccontare la passione e il desiderio è qualcosa di raro da vedere sullo schermo al giorno d’oggi.
Ad essere messe a confronto non sono solo le due donne protagoniste, ma anche due specifiche ambientazioni. La prima metà del film, infatti, è caratterizzata dal rumore di Mumbai in piena monsoon season, dal caos continuo e incessante. Nella seconda metà, invece, veniamo immersi in una natura selvaggia, silenziosa e rigenerante di un villaggio rurale indiano, dove la storia prende una svolta dolce-amara, quasi avvolta in una nebbia d’illusione.
Amore a Mumbai ha vinto il premio Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes. Il film segna il ritorno del cinema indiano nel concorso principale dopo più di trent’anni d’assenza. Anche il precedente documentario drammatico di Payal Kapadiya A Night of knowing Nothing tratta il tema dell’amore, vincendo nel 2021 il Golden Eye come Miglior Documentario alla Quinzaine des Réalisateurs.
Come noto, in India nella grande maggioranza dei casi i matrimoni continuano a essere combinati dalle famiglie, sulla base di requisiti sociali ed economici che generalmente non tengono conto dalla presenza di un vero sentimento tra gli sposi. Con questo film Kapadiya prosegue nel progetto di connettere i temi complessi e attuali, cari al suo mondo di origine, con una platea internazionale, mantenendo però un tono per nulla greve. La colonna sonora di Amore a Mumbai, composta da una compositrice africana venuta a mancare lo scorso anno, richiama questa sensazione di leggerezza e felicità che la regista voleva assolutamente ottenere. Perché dopotutto si sta parlando del sentimento più bello tra tutti: l’amore.
Francesca Ponti
All We Imagine as Light – Amore a Mumbai
Regia e sceneggiatura: Payal Kapadia. Fotografia: Ranabir Das. Montaggio: Clément Pinteaux, Jeanne Sarfati. Interpreti: Kani Kusruti, Divya Prabha, Chhaya Kadam, Hridhu Haroon
Origine: Francia/India/Olanda/Italia, 2024. Durata: 118′.